Economia

Usa, disoccupati ai minimi da 5 anni

Il dato sulla disoccupazione Usa è come la luna: c'è sempre una faccia oscura, spesso poco o nulla enfatizzata dalle cronache economiche. Se ci si accontenta del dato grezzo, il tasso degli americani a spasso è sceso in aprile al 6,3% dal 6,7% del mese prima. È il miglior risultato dal settembre 2008, periodo che evoca il drammatico crac di Lehman Brothers. Dopo aver pagato dazio nei mesi invernali alle temperature polari, la macchina delle assunzioni si è inoltre rimessa in moto, con la creazione di 288mila nuovi posti di lavoro.
Le buone notizie, però, finiscono qui. Dalla Casa Bianca, Barack Obama si mantiene cauto, sostenendo che «si può e si deve fare di più per sostenere la ripresa. Dobbiamo mantenere alta l'attenzione sulla creazione di occupazione». Se si gratta un poco sotto la superficie, il quadro appare infatti molto meno roseo. E spiega, in buona misura, il motivo per cui, subito dopo l'insediamento, la presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, abbia deciso di abolire quel legame che vincolava l'aumento dei tassi di interesse al calo della disoccupazione sotto il 6,5%. Da puntuale studiosa del mercato del lavoro, l'ex allieva di James Tobin si deve essere insomma resa conto che la verifica dello stato di salute dell'economia non poteva essere affidata a un solo parametro.
Un parametro, tra l'altro, che non racconta tutta la verità. Per trovarla, occorre scandagliare il dato sulla partecipazione alla forza lavoro. Per scoprire che è calata dal 63,2 al 62,8%, il minimo in 35 anni, con circa 806mila persone uscite dalla forza lavoro. Poco importa che il governo di Washington sostenga che il calo del tasso di disoccupazione non è legato alla riduzione della forza lavoro, ma alla diminuzione dei disoccupati. Perchè, in ogni caso, sfiorano ancora i 10 milioni gli americani senza un'occupazione, con 3,5 milioni di persone senza un contratto da almeno 27 settimane), 287mila in meno rispetto al mese precedente. Chi si trova inoltre nella condizione assai sgradevole di essere tra i long term unemployed, deve aspettare in media 35 settimane prima di trovare un lavoro. In particolari categorie, però, l'attesa può essere anche più lunga. È il caso degli afro-americani, dove la disoccupazione è pari all'11,6%, di chi è privo di un'istruzione medio-superiore (8,9%) e dei giovani tra i 16 e i 19 anni (19,1%).
Va poi considerata anche la qualità del posto di lavoro. Sono quasi 7,5 milioni, contro i 4,5 del periodo pre-crisi, coloro che pur di sbarcare il lunario, accettano il part-time, cioè di occupare posizioni che comportano anche una sola ora di impiego a settimana. Se infatti il dato complessivo viene depurato dal numero di coloro che hanno smesso di cercare (i cosiddetti «scoraggiati») e chi lavora part time, ma vorrebbe un posto a tempo pieno, il tasso di disoccupazione si attesta al 12,3% (12,7% di marzo).
La situazione occupazionale in Europa è comunque più grave. Soprattutto nei Paesi che hanno cercato di risistemare i conti pubblici attraverso politiche di austerità economica. All'interno dell'eurozona, il tasso dei senza lavoro è rimasto stabile in marzo all'11,8% (10,5% nell'Ue). Se la Germania, grazie anche ai mini job, può vantare appena un 5,1% di tedeschi a spasso, l'Italia deve fare i conti con un tasso salito al 12,7% dal 12% di febbraio. Inoltre, mentre la media dei 18 vede al 23,7% i giovani senza lavoro, nel nostro Paese gli under 25 disoccupati sono pari al 42,7% (42,8 in febbraio). D'altra parte, come rileva Bankitalia, la ripresa resta fragile e lenta anche se va estendendosi, con le famiglie ancora vulnerabili seppure i debiti siano calati e la caduta dei redditi si sia attenuata.

Quanto ai conti pubblici, per via Nazionale sono sostenibili nel lungo periodo.

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