Economia

Della Valle: «Marchionne inadeguato»

Della Valle: «Marchionne inadeguato»

Diego Della Valle spara a zero contro Marchionne e Elkann, «furbetti cosmopoliti» responsabili delle difficoltà del Lingotto: «Il vero problema della Fiat non sono i lavoratori, l'Italia o la crisi (che sicuramente esiste): il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo amministratore delegato. Sono loro che stanno facendo le scelte sbagliate». A sorpresa, il patron Della Tod's ruba la scena a governo e sindacati intervenendo, con una nota durissima, sulla vicenda dell'addio di Fiat a “Fabbrica Italia“.
Della Valle non è nuovo ai manifesti polemici: e questa volta ha colto al volo l'occasione di togliersi più di un sassolino dalla scarpa, dopo lo scontro che lo aveva visto contrapposto, la scorsa primavera, proprio a Elkann - allora sprezzantemente definito «ragazzino» - nel rinnovo dei vertici di Rcs, il gruppo che controlla il Corriere della Sera, dove il Lingotto e Mediobanca, azionisti di peso, alla fine erano riusciti a imporre un nuovo cda. Una battaglia da cui Della Valle era uscito sconfitto: estromesso con altri rappresentanti dai soci dal board, il numero uno della Tod's aveva deciso allora di lasciare il patto di sindacato di Rcs. Il fuoco però ha continuato a covare sotto le ceneri: e ieri è esplosa la fiammata. «Continua questo ridicolo e purtroppo tragico teatrino degli annunci ad effetto da parte della Fiat, del suo inadeguato Amministratore Delegato e in subordine del Presidente» afferma Della Valle - Marchionne e Company hanno superato ogni aspettativa riuscendo, con alcune righe, a cancellare importanti impegni che avevano preso nelle sedi opportune nei confronti dei loro dipendenti, del Governo e quindi del Paese». E conclude: «Gli imprenditori italiani seri, che vivono veramente di concorrenza e competitività, che rispettano i propri lavoratori e sono orgogliosi di essere italiani, non vogliono in nessun modo - conclude il numero uno di Tod's -essere accomunati a persone come loro».
Si affretta a prendere le distanze Luca Cordero di Montezemolo, socio di Della Valle in Ntv, ma anche presidente della Ferrari e membro del cda di Fiat: «Espressioni come quelle usate da Diego sono assolutamente inaccettabili e non dovrebbero mai far parte di una dialettica tra imprenditori», afferma. Mentre attacca i vertici Fiat anche il “patriarca“ del Lingotto, l'ex presidente e ad Cesare Romiti: «Quando un'azienda automobilistica interrompe la progettazione vuol dire che è destinata a morire. Uno dei principali colpevoli è il sindacato assente: tranne la Fiom, non hanno fatto nulla per contrastare le scelte del management».
Insieme alle polemiche, intanto, sale la preoccupazione: a Mirafiori, Pomigliano, Cassino e Melfi, dove già molte linee produttive sono ferme, i lavoratori temono per il loro futuro. Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, tenta di riportare tranquillità: «Chiederemo tutti i chiarimenti». Anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, cerca di gettare acqua sul fuoco e ricorda che il mercato dell'auto «è al lumicino». Ma dagli altri sindacati e dal mondo politico arriva il pressing per l'apertura immediata di un tavolo di confronto. «Il governo Monti deve convocare i vertici e i dirigenti della Fiat, come fece l'esecutivo Berlusconi quando ci fa una richiesta di chiarezza sugli investimenti dell'azienda di Torino nel nostro Paese», sostiene il deputato Pdl, Paolo Romani, ex ministro dello Sviluppo. Preoccupato anche il leader del Pd, Pierluigi Bersani:«La questione della Fiat è drammatica. Vorrei dire al governo: nessuno vuole il dirigismo, ma da ministro posso dire che se li chiami devono venire». E Susanna Camusso ricorda: «L'ad Marchionne aveva detto di avere uno straordinario nuovo modello, di avere bisogno di più produttività. Allora abbiamo detto che non ci convinceva quello schema. Oggi possiamo dire che non l'ha portato da nessuna parte», conclude la leader della Cgil.


Unico a non parlare di Italia è proprio Sergio Marchionne che dagli Usa se la prende invece contro «i colleghi tedeschi, sordi sul nodo della sovracapacità produttiva in Europa».

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