Cronache

Essere una mamma chioccia e iperprotettiva? Si rischia la condanna per maltrattamenti

La Cassazione ha respinto il ricorso di una madre, condannata a un anno e 4 mesi di carcere per maltrattamenti ai danni di un minore a causa dell'"l’iperprotezione e l’ipercura" che ritarderebbero lo sviluppo del bimbo

Essere una mamma chioccia e iperprotettiva? 
Si rischia la condanna per maltrattamenti

Ferrara - La Cassazione contro la madre chioccia e iperprotettiva. Motivo? Con le sue eccessive cure e attenzioni nei confronti del figlio ne avrebbe ritardato la regolarità dello sviluppo. E per questo la mamma si è beccata un anno e 4 mesi di reclusione. Insieme a lei è stato condannato anche il nonno del ragazzino. Per la Suprema Corte "l’iperprotezione e l’ipercura" costituiscono reato di maltrattamenti. Il bambino di questa vicenda non aveva ancora compiuto i sei anni.

La signora Elisa G., mamma del bimbo, e il nonno materno, Giggetto G., avevano fatto ricorso in Cassazione contro la condanna per maltrattamenti inflitta loro dal gup del tribunale di Ferrara nel 2007 e poi confermata anche dalla Corte di Appello di Bologna. A loro avviso tutte le cure delle quali circondavano il bambino non potevano essere equiparate al comportamento di chi veramente usa violenza nei confronti dei minori.

Tra l’altro il loro figlio e nipote stava benissimo e non si era mai sentito una "vittima", hanno sostenuto gli imputati. In sostanza, secondo la linea difensiva, di Elisa e Giggetto "gli atteggiamenti di iperprotezione o di ipercura, lungi dal costituire i maltrattamenti, integrano la ripetizione di condotte che nascono come positive e certo ispirate da intenzioni lodevoli, salvo poi riverberare effetti negativi su chi tali condotte subisce a causa della loro eccessiva e patologica esasperazione". Per questo, con il ricorso ai supremi giudici, si chiedeva l’assoluzione di mamma e nonno.

Ma la Suprema Corte - con la sentenza 36503 - ha bocciato il reclamo sostenendo che è possibile che "inizialmente la diade "madre-nonno" possa avere agito in buona fede, sia pur secondo una falsa coscienza, nella scelta delle metodiche educative e nella accurata attenzione ad impedire contatti di ogni tipo al bambino, isolandolo nelle sicure mura domestiche, in seguito hanno sbagliato nel perseverare dopo che c’erano stati ripetuti sinergici interventi correttivi di una pluralità di esperti".

Era stato il padre del bambino, separato dalla madre, a lanciare l’allarme.

Il bambino, infatti, era stato educato a respingere e rifiutare anche i contatti con la figura paterna. A causa degli atteggiamenti di mamma e nonno che tendevano a trattare il bambino come se fosse più piccolo dell’età che aveva, il bambino aveva anche difficoltà a camminare.

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