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Crisi in Libia, i marines americani tornano a Sigonella

Via libera al dispiegamento per due mesi di 200 militari Usa: serviranno per eventuali evacuazioni di civili statunitensi

Crisi in Libia, i marines americani tornano a Sigonella

Duecento marines schierati nella base siciliana di Sigonella e pronti ad intervenire se Al Qaida tenterà di vendicare la cattura di Abu Anas Al Libi, il terrorista prelevato sabato a Tripoli da un commando della Cia e dei Delta Force. I duecento marines, il cui dispiegamento è stato approvato dal nostro governo, durerà fino al 6 dicembre. «Sono nella base siciliana - secondo quanto chiarito al Giornale da fonti del ministero della difesa - dal 28 settembre e sono pronti ad intervenire nel caso di attacchi contro obbiettivi americani nell'area del Mediterraneo».

La presenza è direttamente collegata al blitz che ha portato alla cattura del veterano di Al Qaida «mente» degli attentati del 1998 alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania costati la vita a 228 persone. Il 49enne Abu Anas Al Libi, inseguito da un mandato di cattura per cospirazione e strage del distretto di New York, si trova a bordo della «Uss Sant'Antonio», una nave da assalto anfibio già usata nella lotta alla pirateria somala. Ma ora la nave è anche un cruciale centro di detenzione ed interrogatorio. A bordo sono infatti piombati i «super inquisitori» specializzati nella «spremitura» dei terroristi più pericolosi. E Al Libi è sicuramente uno di questi. Oltre ad aver pianificato gli attentati alle ambasciate e ad essere considerato un «mago» del computer è in attività fin dal 1994. Cia ed Fbi lo considerano quindi una sorta di rarissimo archivio vivente in grado di ricostruire storia, struttura e legami dell'organizzazione fondata da Bin Laden.

Spremendolo a dovere i «super inquisitori», selezionati tra Fbi, Cia e Pentagono, sperano d'individuare le ultime insospettabili «cellule dormienti» infiltrate in Europa e Stati Uniti negli anni Novanta per selezionare obbiettivi, gestire basi segrete e garantire trasferimenti di denaro. Lo stesso Abu Anas Al Libi, arrivato a Londra alla fine degli anni Novanta, ma sfuggito poi alla giustizia inglese, sarebbe stato un «dormiente» scelto da Bin Laden in persona.
Il suo interrogatorio in alto mare, seppur condotto in base a nuove disposizioni che vietano i sistemi di coercizione fisica o psicologica introdotti dopo l'11 settembre, rischia comunque di sollevare un vespaio. Le nuove regole d'interrogatorio sono infatti allineate a quella Convenzione di Ginevra che vieta gli interrogatori a bordo di navi. Non avendo più la disponibilità del «buco nero» di Baghram, tornato sotto la giurisdizione del governo afghano, le autorità americane si ritrovano prive di un centro di detenzione terrestre dove effettuare interrogatori extragiudiziari. Un trasferimento a Baghram, per non parlare di Guantanamo già chiusa a nuovi arrivi, sarebbe stato comunque assai problematico. Il prigioniero Al Libi, sottoposto ad un mandato di cattura della corte di New York non è infatti assimilabile ai terroristi di Guantanamo, privati sia dello status di prigionieri di guerra che di ricercati federali. Da questo punto di vista un suo eventuale trasferimento ed interrogatorio nella base italiana di Sigonella sarebbe stato assolutamente devastante dal punto di vista della legalità internazionale.

Proprio per questo le fonti del Ministero della Difesa contattate dal Giornale escludono con decisione qualsiasi correlazione tra la presenza 200 marines di rinforzo dispiegati nella base e un ipotetico arrivo a Sigonella del super prigioniero. «Non abbiamo mai ricevuto richieste simili dagli Stati Uniti – spiegano al Giornale - e se anche le ricevessimo non potremmo acconsentire». Il premier libico Ali Zeidan, preoccupato per le rappresaglie dei gruppi jihadisti, continua invece a protestare con Washington e a definire il blitz un rapimento.

«La Libia - ha detto ieri - non abbandona i propri figli, i cittadini libici hanno il diritto di essere processati in patria».

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