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La beffa dei faraoni in divisa Così si sono ripresi l'Egitto

L’esercito ha prima cavalcato la rivoluzione e usato la piazza. Poi ha finto di lasciare il potere ai Fratelli musulmani. Infine li ha messi all’angolo. Oggi il ballottaggio per le presidenziali

La beffa dei faraoni in divisa Così si sono ripresi l'Egitto

Chiamatelo golpe se vi pare, ma l’azzeramento del Parlamen­to egiziano è piuttosto una sonora beffa, la stangata finale di un «vec­chio ordine» dimostratosi molto più astuto e vitale di quanti s’illu­devano di rimpiazzarlo. A testimo­niarlo c’è la reazione sbigottita di chi sognava la vittoria e si ritrova a dover ricominciare tutto da capo. A 24 ore dalla decisione della Cor­te Suprema e a poche ore dall’ini­zio del ballottaggio per la presi­denza l’Egitto è pervaso da una cal­ma surreale.

I Fratelli Musulmani annuncia­no «giorni pericolosi» e il loro can­didato Mohammed Mursi denun­cia il complotto di una «minoran­za pronta a riportare la nazione al passato». Ma sono solo parole. Chi s’aspettava il riesplodere del­le piazze è rimasto deluso. E lo ri­marrà probabilmente fino al ter­mine del ballottaggio. Solo l’esito del confronto tra il candidato dei Fratelli Musulmani Mohammed Mursi e Ahmed Shafiq, l’ex pre­mier dell’era Mubarak portaban­diera del «vecchio ordine», chiari­rà se la cancellazione del parla­mento è stata un avvertimento o la premessa dello scacco matto. Una vittoria di Mohammed Mursi farebbe capire che il Supremo Consiglio delle Forze Armate è an­cora disposto a concedere spazio al gruppo fondamentalista. Un’imprevista vittoria di Ahmed Shafiq, capace di catturare larghi consensi,ma non di prevalere nel­l’ambito di un voto regolare, se­gnale­rà la volontà di chiudere il ca­pitolo rivoluzione e ricacciare nel­la clandestinità il movimento fon­damentalista. Comunque vada, il «vecchio ordine» si dimostra as­sai più abile strategicamente dei protagonisti del nuovo corso.

Il Consiglio Supremo delle For­ze Armate inizia a tesser la tela del grande inganno subito dopo la ca­dut­a del raìs quando blandisce i ra­gazzi di piazza Tahrir, definendo­li «propri figli» e ringraziandoli per aver fatto cadere il tiranno. In verità ai generali importa solo im­pedire il passaggio dei poteri nelle mani del detestato Gamal, il figlio secondogenito a cui il Faraone ha promesso lo scettro. Dopo aver di­sin­nescato gli illusi ragazzi di piaz­za Tahrir, i generali porgono la lo­ro mela avvelenata ai Fratelli Mu­sulmani. Il movimento fonda­mentalista, protagonista di retro­guardia della rivolta anti Muba­rak, ma assetato di potere, accetta di buon grado di posticipare la scrittura della Costituzione per andare subito alle elezioni legisla­tive e conquistare il Parlamento.

I Fratelli Musulmani non realizza­no d’infilarsi in una partita trucca­ta in cui gli arbitri vengono nomi­nati da­gli avversari e hanno il pote­re di cancellare qualsiasi loro vitto­ria. Ma l’errore più grave è non rea­lizzare di aver di fronte un Moloch molto più complesso, astuto e arti­colato di quella gerarchia militare identificata,nell’iconografia rivo­luzionaria, dall’ottuso e cinico Mohammed Hussein Tantawi, ca­po del Consiglio Militare. Se i Fra­telli Musulmani controllano il 46 per cento del parlamento i genera­li gestiscono, attraverso i propri complessi industriali, il 40 per cen­to della produzione nazionale. Ed il resto dell’economia,in un paese dove l’accesso ai capitali è stato per 30 anni monopolio di un uni­co clan, è comunque roba loro. La legittimazione di questo Moloch paziente e lungimirante è garanti­ta da una magistratura figlia del vecchio regime. Giocando sul tempo anziché sulla forza il «vec­chio ordine » regala ai Fratelli Mu­sulmani l’illusione di conquistare il potere per poi far tesoro della lo­ro incapacità di gestirlo. A quel punto basta attendere. Il successo di Ahmad Shafiq al primo turno è innanzitutto la conseguenza del caos in cui si dibatte l’Egitto.

Ma la buona prova del «falool» dell’uo­mo del vecchio regime è anche la spia del malessere di una «maggio­ranza silenziosa »terrorizzata dal­l’ascesa fondamentalista. L’ac­cendersi di quella spia, segnale di un paese diviso e deluso dalla rivo­luzione, innesca la prima stanga­ta, ovvero la cancellazione del par­lamento. Una vittoria del «falool» Shafiq potrebbe segnare domani lo scacco matto finale. A quel pun­to ai Fratelli Musulmani resterà so­lo lo scontro finale.

Ma prima do­vranno capire se le piazze sono an­cora pronte a donare il proprio sangue per riparare ai loro errori.

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