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Il Brasile amato dalla sinistra? Ammazza i criminali in strada

Il Paese sudamericano è considerato il maggior buco nero al mondo dei diritti umani. Dove spesso i delinquenti vengono uccisi sul posto

Il Brasile amato dalla sinistra? Ammazza i criminali in strada

Tarso Genro lo ricordate? Nel 2009 era il ministro della Giustizia a Brasilia. Fu lui a negare all'Italia l'estradizione del terrorista pluri assassino Cesare Battisti per il «fondato timore di persecuzione del Battisti per le sue idee politiche». Oggi Tarso Genro è il governatore del Rio Grande do Sul, uno stato di quella federazione brasiliana dove la polizia, controllata dai governatori invece di arrestare i criminali li ammazza.
Con i mondiali di calcio alle porte e gli occhi puntati sull'orgoglio carioca quel piccolo neo è ora una grossa grana. Il signor Genro, gli altri governatori e quell'esecutivo federale - così solerte nel condannare l'Italia - lo stanno capendo un po' in ritardo. Per scoprire il fastidioso vizietto dei loro poliziotti bastava un occhio alle statistiche. Da quelle parti un arresto su 229 si conclude con l'uccisione del fermato per mano delle forze dell'ordine. Negli Stati Uniti, dove la polizia non va certo per il sottile, il morto ci scappa solo in un caso su 31.575. Ed ancor più grave è il sospetto che in Brasile l'eliminazione del ricercato non sia quasi mai un incidente, bensì una prassi applicata dalla polizia e tollerata dalle autorità. Soprattutto in stati come San Paolo dove la criminalità comune causa ogni anno 4800 morti. Ma a convincere le autorità ad affrontare il problema delle esecuzioni sommarie non sono state le statistiche bensì - come racconta il Wall Street Journal - il caso Paolo Nascimiento, uno scandalo che ha portato alla luce i crimini delle forze dell'ordine.
La vicenda del delinquentello scaricato davanti ad un pronto soccorso di San Paulo con tre proiettili nel corpo nel novembre 2012 - sembra, sulle prime, un caso come tutti gli altri. Tutto inizia con l'inseguimento di una Fiat rubata nelle stradine del barrio di Jardim Rosana. La polizia spara e i tre ladri rispondono. Quando la Fiat si pianta gli agenti stendono il primo e mettono le manette al secondo. Il terzo, Paulo Nascimiento, uno che in 25 anni di vita ha conosciuto solo la galera se la dà a gambe. Haltons Chen un sottotenente di polizia fresco d'accademia e Mareclo Silva, un veterano con un teschio e due mitra tatuati sul braccio destro, lo inseguono. Quando si ritrova prigioniero di un portone Paulo alza le mani, urla «non sparate» e si consegna a mani alzate al tenente Chen.
La scena girata nella vivida luce dell'alba è ripresa da un abitante del barrio. Chen spinge il prigioniero verso l'auto della polizia, ma prima che Paulo ci arrivi Marcelo Silva, il veterano, gli ha già piantato un proiettile in corpo. La telecamera traballa e Silva spara di nuovo. Quando il video passa nei telegiornali e il caso diventa nazionale il sottotenente Chen confessa. Il terzo colpo ritrovato nel cadavere è il colpo di grazia sparato da un terzo agente mentre la macchina della polizia porta il delinquente ferito all'ospedale. Il peggio però arriva due mesi dopo quando un gruppo di uomini armati e mascherati fa irruzione in un bar a 50 metri da dove Paolo Nascimiento è stato impallinato. Quando se ne vanno sul pavimento restano sette cadaveri e due feriti in un lago di sangue. Tra i cadaveri c'è quello di Laercio Grimas alias «DjLah», un rapper famoso per Click Clack Bang la hit dei barrios in cui si spiega che davanti ad un poliziotto, colpevoli o no, è meglio correre. In verità dietro l'assassino del rapper c'è il sospetto che il video dell'uccisione di Nascimiento sia stato girato da lui. O sia passato per le sue mani. E a metter a segno la strage sarebbe stato un «grupos de extermíno» le squadre della morte formate da poliziotti che ogni anno mettono a segno le 31mila esecuzioni extra giudiziali attribuite a mani ignote. Sospetti poi confermati dall'indagine su nove agenti trovati in possesso di una pistola e di maschere sporche di sangue uguali a quelle usate per la strage.
In un Paese dove lo scontro tra polizia e criminali è una vera e propria guerra darsi una ripulita prima dei campionati del mondo del 2014 non sarà, però, facile. Persino Fernando Grella Vieira, l'avvocato liberal e moderato chiamato a cambiare il volto della sicurezza di San Paolo, ammette che una criminalità come quella brasiliana porta inevitabilmente la polizia a sparare. Ragionamento comprensibile.

Resta da chiedersi cosa ne sarebbe stato di Cesare Battisti, colpevole di quattro omicidi, se in Brasile - invece di fuggirci - ci fosse nato.

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