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Brasile e India ci sbeffeggiano E gli doniamo milioni

Nonostante i casi di Battisti e dei marò, l’Italia pompa aiuti Anche se le loro economie viaggiano meglio della nostra

Brasile e India  ci sbeffeggiano  E gli doniamo milioni

Gli indiani considerano gli oltre 350 milioni di euro in aiuti e progetti umanitari che il governo di Londra spende nel loro paese alla stregua di «noccioline». Non solo: uno dei leader del maggior partito d'opposizione invita l'ex impero coloniale a tenersi i soldi. D'altro canto il governo di New Delhi sborsa di tasca sua quasi la stessa cifra per aiutare i paesi poveri in giro per il mondo.

L'Italia, che da quasi tre mesi si ritrova con due fucilieri di marina nelle galere indiane, ha continuato, negli ultimi anni, ad «aiutare» l'India, un paese con un terzo dei poveri del mondo, ma potenza nucleare ed economica super emergente. Solo quest'anno non ci sono stati «erogazioni per progetti intergovernativi», anche se un progetto a dono a favore delle piccole e medie imprese indiane è in fase di conclusione. E la realizzazione di un'altra iniziativa, «a credito d'aiuto» di 25,8 milioni di euro è sospeso. Nulla rispetto a Londra, ma nel 2010 per la Cooperazione allo sviluppo l'India era ancora fra i dieci paesi che «aiutavamo» di più, con 12 milioni di dollari. Nonostante non fosse una nazione «prioritaria» dal 2008. Per assurdo davamo una mano anche al Brasile, che ha messo in libertà il terrorista Cesare Battisti, con 9 milioni di dollari nel 2010. Pure il Brasile non è più prioritario, ma spulciando nel sito della Cooperazione si scoprono fior fiore di progetti ancora attivi o avviati quando il presidente Lula si rifiutava di estradarlo. Battisti è stato arrestato in Brasile nel 2007 e poi definitivamente rilasciato, beffando l'Italia, nel 2011.
Dal 2010 al 2013 è in vigore un programma triennale a dono sulL’agricoltura familiare di 1.608.852 Euro. Quando stavano rimandando in libertà Battisti è partito un progetto di «attenzione integrale a persone in età evolutiva» di 786.410 euro contro l'emarginazione giovanile. Abbiamo aiutato i ragazzi delle «aree svantaggiate di Rio de Janeiro», con 838.048 euro a dono, mentre il governo locale li caccia per costruire gli impianti migliori in vista del campionato del mondo di calcio del 2014. In un paese che economicamente viaggia come una locomotiva si è deciso di avviare nel 2011, per te anni, un programma di un milione e 550mila euro, «Amazzonia senza fuoco», sul contrasto agli incendi.

L'India è un altro paradosso degli aiuti, come il Brasile. Il Times di Londra ha riportato con risalto la dichiarazione provocatoria dell'ex ministro degli Esteri, Yashwant Sinha. «Dite ai cittadini britannici che si tengano i soldi, che li usino per il loro benessere sociale o che li utilizzino in paesi più bisognosi» ha sentenziato il leader del Bjp, il Partito popolare all'opposizione, conservatore e nazionalista. Si riferisce ai 279 milioni di sterline (oltre 350 milioni di euro), che l'Inghilterra ha speso in India, solo fra il 2010 e 2011, per aiuti ed interventi umanitari. Peccato che New Delhi sborsi quasi la stessa cifra (238 milioni di sterline l'anno) per aiutare i paesi poveri in giro per il mondo. Sinha concorda con il ministro delle Finanze indiano, Pranab Mukherjee, che ha bollato come «noccioline» gli aiuti inglesi. Figuriamoci cosa pensavano a New Delhi degli «aiutini» italiani, che almeno si sono arenati con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in galera. Nel 2010, però, l'Italia è intervenuta in India con 12 milioni di dollari. L'anno prima, con 15,3 milioni di dollari. Il paese che incarcera i marò era fra i primi dieci beneficiari, anche se non più «prioritario».

Il progetto più ingente e bilaterale prevede uno stanziamento di 25.800.000 euro. Si tratta dell' «approvvigionamento idrico e trattamento dei rifiuti in 16 municipalità del West Bengala». La Farnesina dichiara che la progettazione è conclusa, ma «al momento è sospeso». Lo scorso anno abbiamo finito un progetto a dono di 3,1 milioni di euro per la regione del Marwar con l'obiettivo di aiutare «le comunità del deserto a gestire le scarse risorse idriche».

Mentre l'Italia è in recessione stiamo concludendo in India un «programma di supporto all'internazionalizzazione» delle piccole e medie imprese locali, attraverso un’agenzia dell'Onu, che ci è costato 3,2 milioni di euro.

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