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«Dietro la rivolta di Kiev c'è un golpe nazionalista»

«Dietro la rivolta di Kiev c'è un golpe nazionalista»

A Kiev continua l'assedio dei palazzi del potere, ma i retroscena della rivolta di piazza raccontano un'altra storia rispetto alla vulgata accreditata dai media in Occidente. Barricate e occupazione di edifici pubblici importanti fanno parte di un piano ben congegnato, che punta a buttar giù il governo, come un colpo di Stato. La repressione delle teste di cuoio della polizia è stata ingigantita ad arte per far grancassa propagandistica sui media di mezzo mondo. E dietro la rivolta «spontanea» in nome dell'Europa ci sono gruppi nazionalisti che hanno padrini forti fra i vicini polacchi e nella potente Germania. Ex politici di Varsavia erano presenti alle manifestazioni del fine settimana assieme ai leader dell'opposizione. Non solo: le lobby ucraine oltreoceano derivano in stragrande maggioranza dalla parte occidentale del Paese, che odia i russi.
Dall'altra parte della barricata, il Cremlino considera una minaccia economica e geostrategica l'avvicinamento dell'Ucraina all'Unione Europea.
A Kiev, dopo l'esplosione della protesta con centomila persone in piazza nel fine settimana, i manifestanti assediano il palazzo del governo, la presidenza della Repubblica e la Banca centrale. Nel centro della capitale sono state erette barricate. Il municipio è occupato e nel quartier generale dei sindacati si è installato un «Comitato di resistenza rivoluzionaria». Squadre di giovani nerboruti, in giubbotto di pelle nera come «divisa», organizzano le prossime mosse. In gran parte sono arrivati dall'ovest e fanno riferimento al movimento nazionalista Svoboda di Oleh Tiahnybok, che ha avuto un buon successo elettorale lo scorso anno. «Sembra di essere tornati ai tempi del romanzo di Bulgakov La Guardia Bianca, ambientato a Kiev nel 1919 durante la guerra civile russa fra bolscevichi e cosacchi» racconta una fonte del Giornale nella capitale ucraina. L'aspetto paradossale è che in realtà nessuno vuole la liberazione di Yulia Tymošenko, considerata solo da Bruxelles un'eroina dell'Ucraina. Il governo ha già detto niet e i leader dell'opposizione temono che potrebbe conquistare la scena al loro posto.
Tutto ha avuto inizio con il no a sorpresa del presidente filorusso, Viktor Yanukovich, che la corsa settimana non ha firmato l'accordo di associazione con la Ue. Sembra che davanti al cancelliere tedesco Angela Merkel si sia sfregato il pollice con l'indice, segno internazionale per chiedere soldi. Yanukovich sostiene che l'abbraccio con la Ue costerebbe all'Ucraina 160 miliardi di euro, a cominciare dalla riconversione di fabbriche decotte nella parte orientale del Paese, suo bacino elettorale. I 670 milioni di euro offerti da Bruxelles vengono considerati elemosina.
Ieri Yanukovich ha riaperto uno spiraglio chiedendo al presidente della Commisione europea, Josè Barroso, di ricevere una delegazione ucraina. A Kiev, però, la situazione è tesa. Il premier Mykola Azarov ha convocato un folto gruppo di ambasciatori chiedendo «cosa farebbero nei loro Paesi se dei rivoluzionari assediassero gli edifici governativi».
I Bjerkut i corpi speciali della polizia, che in russo vuol dire avvoltoi, ma in ucraino falchi, hanno provato ad intervenire e sì è scatenata la protesta di mezzo mondo. La «Guardia bianca» dei rivoltosi potrebbe attirare dalla sua parte gli agenti dell'Ovest malpagati.

Secondo la fonte del Giornale a Kiev «il pericolo che lo scontro si radicalizzi è concreto».

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