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Farage, il guastatore della City che combatte l'Unione europea

Dalla Borsa a Strasburgo, dalla vita sregolata alla lezione della Thatcher: ecco il leader dell'Ukip che porterà gli inglesi fuori dall'Ue. Sostieni il reportage Europa ribelle

Farage, il guastatore della City che combatte l'Unione europea

nostro inviato a Londra

Geert Wilders resta fermamente convinto che all'indomani del voto europeo Nigel Farage romperà gli indugi per unirsi nell'alleanza con le forze politiche di estrema destra promossa da Marine Le Pen. "La contrapposizione di Farage - assicura il controverso leader del Partito della libertà olandese in una intervista al Daily Telegraph - è solo momentanea". Questo, in realtà, non accadrà mai. Con buona pace della Le Pen che da settimane tesse la tela per costruire un nuovo eurogruppo capace di contrastare lo strapotere degli euroburocrati. Farage non ha alcuna intenzione di invischiare una forza liberale come lo UK Independence Party, che affonda le proprie radici negli insegnamenti politici di Margaret Thatcher, con un partito come il Front National che, al suo interno, deve fare i conti con spinte antisemite e xenofobe.

Farage è determinato e caparbio. Non sembra uno disposto a giocare al ribasso per raggiungere un obiettivo. Le alleanze, tanto per capirci, si fanno solo alle sue condizioni e non certo per tenere in vita un eurogruppo a Strasburgo che tenga insieme anime troppo differenti per credo e tradizione. E la tradizione è proprio quello in cui crede il leader dell'Ukip. A tal punto da aver mandato al diavolo i conservatori quando hanno deciso di sottoscrivere il primo passo del Regno Unito in quell'"organizzazione criminale" che, nel corso degli anni, si sarebbe evoluta nell'Unione europea. "Il momento di svolta per me arrivò nell'ottobre del 1990 - spiega - una sera stavamo bevendo qualcosa al Corney and Barrow's sulla Old Broad Street, quando arrivò la notizia che ci eravamo uniti all'European Exchange Rate Mechanism. Tutti i miei colleghi erano increduli. Io ero... incandescente". Chi si trovava con lui racconta di averlo visto passare l'intera serata a fumare con rabbia tracannando una pinta di birra dietro l'altra. "Non funzionerà - sentenziò - sarà un disastro". Quello che non gli è mai andato giù è "la sottomissione dei britannici a una regola" che "non è mai stata decisa democraticamente". E, per questo, ha deciso di mollare la carriere come broker, grazie alla quale aveva già accumulato una discreta fortuna economica, per buttarsi anima e corpo in politica.

A Saint Ives, cittadina del Cambridgeshire dove l'Ukip punta a sfondare la soglia del 70% dei consensi, Farage ha concluso un lungo tour elettorale che lo ha portato in giro per tutta l'Inghilterra. "L'Unione europea è il nuovo comunismo contro cui dobbiamo combattere - è lo slogan che ha tuonato nelle piazze - dobbiamo riprenderci indietro il controllo del nostro Paese". Impossibile non dargli ragione. Gli inglesi, infatti, gli credono e lo votano. Dal 1999, quando col 7% ha piazzato tre europarlamentari a Strasburgo, ad oggi l'Ukip ha scalato Tories e Labour erodendo consensi dopo consensi. Tanto che i sondaggi lo danno primo partito d'Inghilterra, sopra al 30%. Percentuale consolidata dalle scoppole date a Nick Clegg, ex euroburocrate ed europarlamentare, in tre confronti televisivi. D'altra parte basta stare una decina di minuti con lui per capire che Farage è ancor più poliedrico di quello che si vede in tivù. Venerdì scorso, alla Burgess Hall di Saint Ives, si è presentato attorniato da militanti e simpatizzanti. Occhi frizzanti, battuta pronta e velocità d'interazione, si è fatto largo tra macchine fotografiche e telecamere fameliche. Da settimane i giornalisti non lo mollano un attimo. E lui ci sguazza, si diverte, concede un'intervista dopo l'altra. E spiega: "I partiti nazionali hanno perso il contatto con la gente". Lui, al contrario, lo coltiva giorno dopo giorno. E ne fa il proprio punto di forza.

Pantalone di velluto color senape, giacca verde a quadrettoni bordeaux, camicia bianca e cravatta bordeaux. "A seconda del posto in cui va - mi spiega uno del suo staff - sceglie un abito diverso: se deve tenere un comizio in capagna, non userà mai un vestito adatto alla City". Lo stesso vale per le location delle interviste: la Bbc per esempio viene ricevuta in uno studio freddo e asettico, una tivù locale viene sballottata ai piedi del palco, i media internazionali invece vengono fatti accomodare al bancone del bar dove, immancabilmente, ordina una Guinness ghiacciata. Perfettamente a suo agio in qualunque situazione si prende le pause di cui ha bisogno fumando, di tanto in tanto, una sigaretta. Fuma e beve, senza nemmeno curarsi di aver avuto un tumore ai testicoli. "Riuscì a guarire miracolosamente - racconta Richard Newbury - a suon di alcol e tabacco a profusione, e discussioni politiche al pub". Come è nella vita privata, così è nella politica. Brillante nell'arringare le folle, divertente e serio allo stesso tempo quando si tratta di bastonare l'Unione europea e difendere il proprio Paese, determinato e senza peli sulla lingua se deve azzerare i propri nemici. Nelle sue mani gli inglesi sembrano voler mettere il proprio destino. Se così sarà, come primo passo lo porterà via da Bruxelles. "Non mi importa quanto mi ci vorrà - assicura -ma prima o poi usciremo dall'Unione europea".

Una promessa che farà di tutto per mantenere".

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