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Islamisti scatenati: «arrestati» in Libia 100 cristiani egiziani

I copti sono stati catturati e torturati da miliziani che li accusano di proselitismo. Il Cairo non interviene

Islamisti scatenati: «arrestati» in Libia 100 cristiani egiziani

La Libia orientale è sempre più in mano ai salafiti, che avrebbero «arrestato» un centinaio di copti accusandoli di proselitismo cristiano. Le notizie sono ancora frammentarie ed il condizionale è d'obbligo almeno sul numero degli «ostaggi». Giovedì il vescovo copto per la Libia, Pachiomios, ha lanciato la denuncia: «È un fatto molto grave. Cittadini egiziani sono stati arrestati sulla base di un semplice sospetto di proselitismo e li hanno torturati».

Non solo: nel marasma libico è sparito dal 9 febbraio Giulio Lolli, un latitante italiano per reati finanziari, che si era unito ai ribelli anti Gheddafi. Lo avrebbe prelevato una milizia dal suo albergo nella capitale libica.

La brutta storia dei copti è iniziata con l'attacco di una brigata salafita ad una chiesa di Bengasi all'inizio della settimana. I miliziani avrebbero catturato un centinaio di copti egiziani che lavorano in Libia. L'accusa è di proselitismo. Il sito del giornale egiziano Al Ahram pubblica una sequenza di foto di bassa qualità scattate probabilmente con un telefonino. Si vede un gruppo di persone rinchiuse in una stanza. Non un centinaio, ma una quindicina. Ad alcuni, come si vede nelle immagini, hanno rasato i capelli a zero, usanza dei salafiti e avrebbero cancellato con l'acido i tatuaggi a forma di croce. Altre foto mostrano dei santini di Gesù e materiale religioso sequestrato. Nell'ultima sequenza si vedono un paio di miliziani responsabili dell'«arresto», con il barbone islamico d'ordinanza e le uniformi chiazzate delle brigate libiche. «La Chiesa copta ha inviato una richiesta ufficiale di intervento al ministero egiziano degli Esteri - ha detto una fonte di Al Ahram - che ha avviato negoziati con la controparte libica per risolvere la questione e ottenere il rilascio dei cristiani catturati».

Naguib Gabriel, che guida l'Unione egiziana per i diritti umani, ha confermato la vicenda accusando il governo del Cairo di non fare abbastanza. «Se lo Stato egiziano continuerà ad essere inattivo e non adempirà al suo dovere di garantire il rilascio dei copti catturati in Libia - ha detto - mi rivolgerò al Consiglio per i diritti umani dell'Onu».

Da Tripoli non arriva alcuna conferma, ma in Cirenaica le brigate salafite fanno da tempo quello che vogliono. Nell'Est del Paese ci sono ancora una decina di suore italiane fra Bengasi e Beida. Da Derna, roccaforte dei salafiti, sono andate vie. Il 2 febbraio, il vescovo di Tripoli, Innocenzo Martinelli aveva denunciato una «situazione critica» in Cirenaica «con l'insorgere del fondamentalismo». Due comunità religiose cristiane hanno dovuto andarsene su pressione dei salafiti. Al vescovo di Bengasi, Sylvester Magro, è stato consigliato di lasciare la sua abitazione per evitare rappresaglie. Il 31 dicembre due cristiani sono stati uccisi a Misurata da un razzo lanciato contro un chiesa. Human right watch denuncia che «gruppi armati hanno attaccato delle chiese a Tripoli in maggio e in settembre». Il governo è troppo debole per intervenire.

In questo contesto è sparito il «Grande» Lolli, uno dei più noti venditori italiani di yacht fino al 2010. Espatriato prima in Tunisia e poi in Libia all'inizio della primavera araba, è rincorso da un mandato di cattura della procura di Bologna per bancarotta fraudolenta. A Tripoli era stato arrestato per venir estradato, ma dopo sette mesi in carcere si è unito ai ribelli. Rimasto in Libia, viveva apparentemente sotto la protezione di una milizia locale. Fino al 9 febbraio quando è stato prelevato dall'albergo al-Watan, dove aveva una stanza, non lontano dall'ambasciata italiana. La Farnesina è informata.

Nessuno sembra sapere che fine abbia fatto Lolli, ma il sospetto è che sia stato portato via da una banda di miliziani.

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