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L'Unione Europea si spacca sul bilancio

Scontro tra Hollande e Cameron. Merkel pessimista. E non è l'unica. L'inizio del vertice rinviato di 6 ore

L'Unione Europea si spacca sul bilancio

Più che Unione Europea dovrebbe chiamarsi Divisione Europea. Il bilancio Ue per il 2014-20 è l'ultimo riflettore che illumina le divergenze tra i vari Stati. L'orario di inizio del vertice è stato rinviato tre volte: prima dalle 15 alle 17:30, poi alle 18 e 30 infine alle 21 e 30. Motivo? Dare più tempo ai negoziatori di lavorare sulle proposte per un possibile compromesso. Al momento trovare questo compromesso appare come una chimera.

Dopo quasi sei ore di bilaterali e incontri preparatori, non c’è ancora convergenza tra i 27 sulle cifre di compromesso del bilancio Ue. Secondo fonti il presidente del consiglio Ue, Herman Van Rompuy, non ha presentato la bozza di compromesso perché manca il consenso. Sul tavolo dei leader resterebbe quindi la proposta di ridurre di circa 15 miliardi il tetto degli impegni che scenderebbero così a 957. Il tetto della spesa, invece, dovrebbe scendere di circa 30 miliardi a poco sopra i 900 miliardi.

"Con l’attuale proposta di bilancio, che rappresenta il minimo comun denominatore dei 27, il Parlamento non può assicurarne l’approvazione, e i gruppi hanno avviato le procedure per il voto segreto", cosa che rende più libero un "no", ha detto il presidente del parlamento europeo Martin Schulz nel suo discorso ai leader Ue.

"Le posizioni sono ancora molto lontane, non possiamo dire adesso se ci sarà un accordo", ha dichiarato la cancelliera tedesca Angela Merkel, aggiungendo che farà "il possibile per raggiungere un’intesa" anche se in un periodo di incertezza economica e disoccupazione di massa "è importante poter programmare e spendere con attenzione, ma anche che ci sia una solidarietà tra contributori netti e paesi beneficiari".

Nella giornata si sono susseguiti colloqui serrati. Herman Van Rompuy ha parlato con Mario Monti. Che a sua volta ha avuto colloqui con il presidente francese Francois Hollande, col premier inglese David Cameron e con quello spagnolo Mariano Rajoy.

La nuova bozza di compromesso per il bilancio Ue, secondo alcune indiscrezioni, prevedeva tagli per oltre 40 miliardi di euro, di cui circa 13 per gli impegni e 30 per i pagamenti. I capitoli di spesa più colpiti sono le reti infrastrutturali, dimezzate da 40 miliardi a meno di 20 miliardi, le risorse per l’occupazione giovanile. Il tetto massimo autorizzato per gli investimenti futuri scenderebbe a 956,9 miliardi di euro (la proposta di novembre di Van Rompuy contemplava una cifra di 1008 miliardi).

Per esempio, la Repubblica Ceca ha già annunciato di essere pronta a porre il veto sul bilancio Ue 2014-2020. "Sono venuto a Bruxelles con un mandato forte e inequivocabile da parte del governo ceco. Troviamo questa proposta inaccettabile e siamo pronti a usare il diritto di veto, vogliamo un budget ridotto e moderno che sia onesto per la Repubblica ceca", ha spiegato il primo ministro Petr Necas. "Abbiamo bisogno di uno sconto sostanziale, siamo tra i più grandi contributori netti, per questo ci serve lo sconto", ha reclamato il premier svedese Fredrik Reinfeldt.

"Se l’Europa deve cercare un compromesso a ogni costo abbandonando le sue politiche comuni, dimenticando l’agricoltura e ignorando la crescita, io non sarà d’accordo" ha avvertito Hollande, spiegando che per ottenere la crescita bisogna puntare su "le politiche comuni di solidarietà e politiche agricole che sono importanti per la storia e per l’avvenire dell’Europa".

Il presidente francese ha inoltre posto l'accento sulla necessità di "fare chiarezza sui rimborsi, che vengono dati ad alcuni e non ad altri, sicuramente non alla Francia". Per il primo ministro greco, Antonis Samaras, "l’obiettivo è ritrovare la crescita. I fondi strutturali sono garanzia per il successo perché abbiamo bisogno di ripresa e crescita. In Grecia le necessarie riforme e la consolidazione fiscale sono in corso, ora abbiamo bisogno di crescita".

Ancora più netto Cameron: "Non ci sarà un accordo se non ci sarà un taglio delle spese, le proposte di novembre sono troppo alte e devono scendere, se non scenderanno non ci sarà un accordo". Secondo il premier britannico, non si può pensare che l’Europa sia esentata dalle politiche di riduzione delle spese che caratterizzano tutti i bilanci nazionali.

Anche lo stesso Mario Monti è scettico su una conclusione positiva del vertice di Bruxelles: "Resta da vedere, teniamo molto alla qualità dei risultati in termini di equità e giustizia, speriamo ci possa essere un accordo che deve avere due caratteristiche fondamentali, essere coerente con la priorità che abbiamo tutti deciso al Consiglio europeo di assegnare alla crescita, che in termini di bilancio vuol dire soprattutto rendere effettivamente integrata l’Europa con le connessioni transfrontaliere e altre cose che favoriscono la crescita, e poi essere un bilancio equo, con aspetti di distribuzione fra i paesi che sono molto importanti".

L’Italia, primo "contributore netto" (dà all’Ue più di quanto riceve), vuole ridurre il suo "saldo passivo": cioè non vuole spendere più di altri senza avere nulla in cambio, come invece succede a Germania e Gran Bretagna che godono di "sconti".

Ora o mai più. La posta in palio è alta. Perché se falliranno i negoziati, l'Ue rischia di piombare nel caos e di non essere in grado di erogare aiuti né di prendere decisioni che impegnino fondi per l’immediato futuro e non solo. Oltre a perdere credibilità agli occhi del mondo.

A gettare acqua sul fuoco ci ha pensato l’ex presidente dell’Eurogruppo e premier lussemburghese Jean-Claude Juncker secondo cui "le posizioni tra gli stati membri sono ancora "relativamente distanti, ma non in modo drammatico al punto di dover superare distanze intercontinentali".

Al momento però l'accordo sembra una chimera.

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