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La Merkel trova l'accordo: torna la Grande Coalizione

Mercoledì l'avvio delle trattative vere e proprie con i socialdemocratici. Compromesso in vista sul salario minimo e sul no a nuovi debiti e tasse

La Merkel trova l'accordo: torna la Grande Coalizione

Sarà ancora Grande Coalizione in Germania, come inevitabile. Al terzo incontro esplorativo, i rappresentanti della Cdu/Csu e quelli della Spd hanno trovato l'intesa che permetterà ai due principali partiti tedeschi di intavolare a partire da mercoledì prossimo formali trattative per la formazione del nuovo governo a Berlino. Tramontata l'unica ipotesi alternativa, di per sé poco realistica viste le distanze programmatiche, di un'inedita coalizione con i Verdi, la Cancelliera Angela Merkel ben sapeva che il compromesso con i socialdemocratici usciti sconfitti dalle elezioni del 22 settembre era la sola strada percorribile rimasta. Non per questo si trattava di un percorso agevole, come ancora dimostreranno i negoziati per il varo dell'esecutivo nonostante il «clima di fiducia» riferito dai partecipanti ai colloqui di ieri.

Gli obiettivi dichiarati del lavoro del futuro governo tedesco saranno crescita, stabilità finanziaria e occupazione. Gli ultimi ostacoli superati dalle due delegazioni ieri erano, a grandi linee, di due ordini principali: politici (le perplessità di alcuni leader riottosi di entrambi i partiti) ed economici. Riguardo ai primi, il numero uno della bavarese Csu, il testosteronico conservatore Horst Seehofer, ha colto di sorpresa la Merkel definendosi «molto soddisfatto» e rinunciando ai suoi abituali toni polemici ha aggiunto che «il tutto ha una sostanza sostenibile». Sul fronte Spd, la più negativa era Hannelore Kraft, governatrice dell'importantissimo Land Renania-Vestfalia e ambiziosa figura che molti vedono come il vero futuro leader della socialdemocrazia tedesca. La Kraft aveva ripetutamente messo in guardia il suo partito da una coalizione in posizione di debolezza con la Cdu, ricordando il disastro elettorale subito dalla Spd dopo il precedente governo insieme con loro, guidato dalla stessa Merkel tra il 2005 e il 2009, e la catastrofe appena subita dai liberali, ex partner della popolarissima «Angie» nella precedente legislatura e addirittura rimasti fuori dal Parlamento. Alla fine, però, «Hannelore la Rossa» ha fatto buon viso a cattivo gioco e si è arresa, trovando perfino modo di sorridere.

Complesso il capitolo dei nodi di disaccordo politico-economici tra i futuri alleati a Berlino. La Cancelliera temeva che la sua politica fiscale e previdenziale, fonte di stabilità e di largo consenso elettorale, venisse snaturata da un accordo con i socialdemocratici, più orientati verso il concetto statalista «tassa e spendi». Non facile per i cristiano-democratici trovare compromessi su una serie di questioni chiave per i loro futuri alleati: la Spd insiste per un salario minimo generalizzato a 8,50 euro l'ora, mentre la Merkel - facendosi forte del parere dei principali istituti economici tedeschi - preferisce che la questione sia risolta a livello sindacale temendo una strage di posti di lavoro soprattutto a Est; vorrebbe ridiscutere le modalità del passaggio alla pensione a 67 anni nel 2029; vorrebbe alzare le tasse per finanziare un programma da 80 miliardi l'anno per le infrastrutture (trasporti, scuole, digitale). Altri contrasti da appianare riguardano temi etico-sociali come le quote rosa nelle aziende, il diritto all'adozione per le coppie omosessuali e la concessione della doppia nazionalità ai turchi. Più concordia, invece, sulla politica europea: a dispetto di alcune affermazioni di principio della Spd, i due partiti condividono sostanzialmente la pretesa che i partner Ue in difficoltà finanziaria si sottopongano alla ben nota e severa terapia di austerità in cambio degli aiuti tedeschi.

A Berlino molte cose possono cambiare, ma alcune paiono destinate alla immutabilità.

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