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Perché la Cina non mollerà il suo scomodo alleato nordcoreano

L’asse strategico e il peso dei generali. La forza militare è il vero credo del nuovo leader Xi Jinping

Militari cinesi in parata: il nuovo leader Xi punta alla sfida con gli Usa
Militari cinesi in parata: il nuovo leader Xi punta alla sfida con gli Usa

Chi spera in Pechino non si faccia illusioni. Il primo a caderci è stato Deng Yuwen, giornalista cinese autore di un pezzo del Financial Times in cui piegava perché Pechino farebbe meglio ad abbandonare al proprio destino il dittatore nordcoreano Kim Yong-un. Subito dopo Yuwen è stato sospeso a tempo indeterminato dalla carica di vice direttore dello Study Times, la rivista della Scuola Centrale di Partito da cui escono le nuove leve del comunismo cinese. La Cina, nonostante i sì alle sanzioni Onu contro Pyongyang e i comunicati apparentemente distensivi, è ben lontana dall'abbandonare la Corea del Nord.

A prima vista l'atteggiamento potrebbe sembrar contrario ai suoi veri interessi. In una pura logica d'affari il gigante giallo dovrebbe esser più interessato a sbloccare l'economia e i commerci della penisola sud coreana che non a continuare a sostenere con cibo, armi e finanziamenti un fossile comunista retto da un'imprevedibile dinastia di dittatori. Chi in Occidente, spera come il povero Deng Yuwen, nel riformismo interessato di Pechino trascura i pesanti legami tra il nuovo presidente Xi Jinping e i generali dell'Esercito Popolare di Liberazione. Xi, rampollo di una famiglia di rivoluzionari comunisti, inizia la sua carriera come segretario del generale Biao, un veterano dell'armata maoista. I rapporti con una casta di generali rossi che controlla il 18 per cento del Comitato centrale e un bilancio alla difesa da oltre 116 miliardi di dollari annui sono fondamentali per la sua carriera. Xi non lo dimentica. Nei primi cento giorni di potere visita tutti i centri di comando delle forze armate e segue personalmente la contesa territoriale con il Giappone per il controllo delle isole Senkaku. Una contesa segnata dopo la sua nomina dal brusco inasprimento della Cina che non ha esita a puntare i radar missilistici su elicotteri e navi giapponesi.

Il nuovo presidente si fa anche promotore del cosiddetto «sogno cinese». «Per raggiungere il grande rivale della Cina - spiega Xi - dobbiamo garantire un azione all'unisono tra un Paese prospero e un grande esercito. Il sogno di una nazione forte è per un militare il sogno di un esercito potente». Frasi e concetti mutuati dal «Sogno Cinese» di Liu Mingfu, best seller di un anziano colonnello che invita a contrapporsi militarmente agli Stati Uniti per conseguire la supremazia mondiale. Concetti già messi in pratica dal nuovo presidente. Le prime direttive indirizzate ai vertici delle forze armate invitano i generali a concentrarsi sullo «scontro reale» e sul «vincere le guerre». «Continueremo a seguire la strada dello sviluppo pacifico, ma non abbandoneremo – spiega Xi - i nostri legittimi diritti. E non sacrificheremo i nostri interessi vitali».

Le parole del presidente - pienamente condivise da una casta militare che considera l'America il grande nemico - sono fondamentali per capire perché Pechino si guardi bene dal ridurre a più miti consigli l'alleato di Pyongyang.

Per Xi e i suoi generali la Corea del Nord è un alleato fondamentale per mantenere in allerta le basi di un'America ostacolo all'egemonia cinese nel Pacifico, contenere lo sviluppo economico della Corea del Sud e mantenere sotto tiro lo storico nemico giapponese colpevole di aver alzato i toni sulle Senkaku.

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