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Velo, persecuzioni e censura: i sogni infranti del nuovo Egitto

Altro che regime islamico moderato. Dopo la rivolta c'è una Costituzione ispirata al Corano, donne discriminate, tanti arresti per offese a Maometto

Velo, persecuzioni e censura: i sogni infranti del nuovo Egitto

Lo chiamavano Islam Poli­tico e doveva essere il frutto maturo delle «Pri­mavere arabe ». Dietro la defini­zione si nascondeva l'illusione di veder nascere un movimen­to islamico ispirato da principi liberali e capace di conciliare la fede musulmana con il rispetto dei diritti umani, la tolleranza religiosa, l'eguaglianza femmi­nile ed il libero mercato.

L'Egit­to dei Fratelli Musulmani era­ a detta di molti - la serra migliore dove far maturare quel frutto esotico. A 22 mesi dalla deposi­zione di Hosni Mubarak di quel frutto non c’è l'ombra. Al suo posto, come accusano i dimo­stranti d'ispirazione liberale tornati in piazza Tahrir, aleggia il fantasma di una nuova tiran­nia guidata dal presidente Mohammed Morsi e alimenta­ta­dall'ideologia dei Fratelli Mu­sulmani. La costituzione ispira­ta alla «sharia» fatta approvare dal presidente egiziano dimo­stra da sola come il movimento dei Fratelli Musulmani non ten­ti neppure di misurarsi sul pia­no della politica. Assumere co­me fonte del diritto il Corano equivale a delegittimare quan­to non previsto dal libro sacro e quindi cancellare qualsiasi principio di libertà e democra­zia.

Più della teoria contano però i fatti. I più eclatanti riguardano i cittadini egiziani finiti sotto ac­cusa per aver offeso l'islam. A settembre il maestro cristiano Bisshoy Kamel è stato condan­nato a sei anni di galera per aver caricato su Facebook dei fumet­ti in cui, a dar retta alle accuse, si diffamava la religione islami­ca, il profeta Maometto, il presi­dente Morsi e la sua famiglia. La paradossale quadruplice ac­cusa, capace di frullare in un so­lo calderone il presidente, la re­ligione e il profeta prefigura l'aspirazione ad unificare fede, istituzioni e potere dando vita ad un sistema unico e totaliz­zante. Un sistema altrimenti chiamato stato islamico.Ad ali­mentare i timori di un’ulteriore involuzione contribuisce la sen­tenza dall'Alt­a Corte per la Sicu­rezza del Cairo che condanna a morte in contumacia il pastore americano Terry Jones e i sette egiziani copti autori del film an­ti i­slamico The Innocence of Mu­slims . Una sentenza in puro sti­le integralista decisa senza alcu­no straccio di prova. Un'auten­tica fatwa basata sull'idea che chiunque non rispetti l'islam e il Profeta meriti la morte. Una fa­twa che non minaccia i condan­nati, tutti residenti negli Stati Uniti, ma pende come una spa­da di Damocle sulla testa di Al­ber Saber, un blogger arrestato per aver caricato su Facebook degli spezzoni di The Innocence of Muslims .

L'afflato religioso della presi­denza Morsi e dei Fratelli Mu­sul­mani non garantisce comun­que neppure i buoni musulma­ni. Come evidenzia un recente rapporto dall'Eipr (Egyptian Initiative for Personal Right) «il livello di torture messe in atto dalla polizia nell'ultimo mese e mezzo equivale a quello degli ultimi 18 mesi». La spiegazione secondo l'osservatorio va ricer­cata nella connaturata diffiden­za del nuovo regime nei con­fronti di riforme e libertà indivi­duali. «Morsi e il suo governo ­scrive il rapporto - sono ancora convinti che una riforma delle forze di polizia non garantireb­be più il controllo del paese».

Nel settore dei diritti femminili c'è da star ancor meno allegri. Ai primi di settembre la lettura del telegiornale della tv egizia­na è stata affidata - per la prima volta in 50 anni- d una giornali­sta d­i fede islamica con il capo ri­gorosamente coperto dal velo. Dietro la brusca svolta molti leg­go­no la volontà dei Fratelli Mu­sulmani d'imporre a tutto il mondo femminile regole socia­li e comportamentali rigorosa­mente allineate ai principi isla­mici. Sul piano dei rapporti in­ternazionali le prospettive so­no ancora più allarmanti. Co­me fa notare il parlamentare li­berale Amr Hamzawy, il nuovo presidente evita nei suoi discor­si e ne­gli atti ufficiali qualsiasi ri­ferimento diretto all'esistenza d'Israele. Un atteggiamento as­solutamente in linea con quel­lo del movimento fondamenta­lista di Hamas.

Un movimento di cui Morsi è diventato, dopo l'ultima crisi di Gaza, il vero pa­drino politico.

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