Europa

"Pretesto politico". La solita lagna dell'Ong contro l'Italia

L'aviazione civile italiana invia un avviso di violazione a Sea Watch: la Ong attacca la solita "piangina" e si scaglia contro l'Italia e l'Europa

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Le Ong sono in allerta: non trovano più Paesi compiacenti pronti ad accoglierle. L'Italia ha iniziato a effettuare una stretta decisa contro le loro navi dallo scorso gennaio, con un decreto che regolamenta in maniera precisa il loro operato. In caso di violazioni, per loro ci sono le sanzioni. Un passo in avanti rispetto al passato, che rappresenta solo un primo tassello di un lavoro ben più esteso da parte del governo, il cui obiettivo dichiarato è quello di rallentare o, meglio, fermare le partenze di irregolari dall'Africa. Lo scopo di questa operazione, estesa a livello europeo, è quello di ridurre i morti in mare e gestire i flussi. In questo sistema, quindi, le Ong non sono contemplate perché tutto dev'essere in mano alle autorità statali europee.

Tuttavia, le organizzazioni che da anni hanno trovato nei flussi dei migranti il proprio "core business" non ci stanno e in maniera sempre più scomposta alzano la voce contro i governi impegnati in una riorganizzazione dei flussi. Tra le più agguerrite in tal senso c'è la tedesca Sea-Watch, che continua nei suoi attacchi contro l'Italia. Prima ha annunciato il lancio di una nuova nave nel Mediterraneo, la più grande in attività, "contro le politiche migratorie di estrema destra dell'Italia, contro gli attacchi all'asilo e ai diritti umani da parte dell'UE e contro i tentativi di criminalizzazione da parte del governo tedesco". Ora si lamenta per aver ricevuto un avviso di attività illegittima.

"L'ultimo tentativo del governo italiano di intimidirci è molto preoccupante. Qualche giorno fa abbiamo ricevuto un avvertimento dall'autorità dell'aviazione civile italiana in merito al nostro lavoro di monitoraggio aereo nel Mediterraneo centrale", scrive la Ong, che da quando Malta ha effettuato la stretta fa decollare i suoi aerei dall'isola di Lampedusa. "Sostengono che l'assistenza ai casi di imbarcazioni in pericolo nel Mediterraneo sia responsabilità esclusiva statale. Si tratta di un abuso volto a dissuaderci dalle nostre attività di supporto ai soccorsi, in un contesto in cui il numero delle vittime è in continuo aumento", scrivono ancora. L'incapacità di queste organizzazioni di capire che uno Stato ha il diritto e il dovere di pretendere il rispetto delle proprie leggi e della propria autorità è sempre più evidente.

La tendenza al vittimismo delle organizzazioni fa sì che ogni richiesta di rispetto delle leggi diventi, come spiegano in un altro passaggio, "un pretesto politico". Sea Watch si appella a quello che definisce "l’esistente dovere, legale e umanitario, del soccorso in mare. Chiunque, noi compresi, ha il dovere di fare tutto ciò che è possibile per salvare vite umane". Il diritto internazionale, come sottolineato in più occasioni dagli esperti, regolamenta il salvataggio in mare da parte delle navi che si imbattono in un natante in difficoltà durante la loro navigazione. Questo è ben diverso da chi, come le Ong, va alla ricerca dei barchini in difficoltà di quelli che sono stati definiti in passato "naufraghi alla partenza".

Le organizzazioni si muovono all'interno di una lacuna normativa e pretendono di continuare a portare avanti la loro missione nel silenzio dei Paesi: il trasporto dei migranti in Europa, come dimostrano le dichiarazioni degli equipaggi e degli amministratori delle Ong, è strumentale a portare avanti una precisa campagna politica no-border. Ora che anche la Germania ha deciso di agire contro queste organizzazioni, ipotizzando una stretta dopo anni e anni di supporto e finanziamenti, le Ong scalpitano e accusano le autorità europee che "distorcono il diritto internazionale per favorire respingimenti illegali e violazioni dei diritti umani che, se non fosse per i nostri aerei, passerebbero inosservate".

L'inerzia in Europa è cambiata.

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