Cronache

Fa la guerra ai patrimoni ma il suo ex segretario ha avuto casa con lo sconto

Annamaria Furlan, la leader della Cisl rilancia la patrimoniale. Però non disse una parola quando Bonanni comprò un mega-appartamento pagandolo 4 volte meno del valore di mercato

Fa la guerra ai patrimoni ma il suo ex segretario ha avuto casa con lo sconto

A ridaje con la patrimoniale targata Cisl. Nel pieno della polemica sugli stipendi d'oro di funzionari e pensionati del sindacato bianco, la segretaria Annamaria Furlan rispolvera un vecchio pallino alla Robin Hood. La supertassa sui patrimoni. Ne aveva già parlato pochi giorni dopo l'insediamento al vertice della confederazione. Il settimanale Panorama , per esempio, registra la sua prima uscita favorevole ai gravami sul mattone il 29 ottobre dell'anno scorso: l'elezione alla guida della Cisl della sindacalista con la frangetta e gli occhialini rossoneri era avvenuta l'8 ottobre.

«Bisogna tassare di più i grandi patrimoni immobiliari e detassare la prima casa», aveva proclamato la segretaria erede di Raffaele Bonanni, uno che vive a Roma in una magione di 8 vani a pochi passi dal lungotevere Thaon di Revel (quartiere Flaminio) avuta in affitto per 16 anni dall'Inps a canone agevolato e successivamente comprata nel 2005 a un prezzo di 200.900 euro, quattro volte inferiore a quello di mercato. Nell'acquisto Bonanni sfruttò il diritto di prelazione previsto dalla legge. Ma in caso di patrimoniale l'ex segretario pagherà o no? Il valore della sua dimora assoggettato a tributo è quello di acquisto, esente dalla Furlan-tassa, o quello di mercato, che invece è ben superiore? Il dubbio in realtà non assilla l'ex segretario della Cisl, il quale poco prima di andare in pensione si era aumentato il compenso, in modo da godere di una vecchiaia più agiata a spese dei contribuenti.

«Nell'attuale tassazione sugli immobili non c'è proporzione tra chi ha una sola casa e chi ha grandi patrimoni immobiliari», aveva spiegato Furlan sventolando una nemmeno troppo metaforica bandiera rossa. Pochi giorni fa ha riesumato il concetto estendendolo anche ai risparmi investiti: «Si deve conciliare la giusta esigenza di esentare solo la prima casa da tutte le imposte, tassando progressivamente i grandi patrimoni immobiliari, in base alla effettiva rendita catastale sopra i 500mila euro e anche le rendite finanziarie, escludendo naturalmente i titoli di Stato – ha scritto in una lettera alla Stampa , il giornale di casa Fiat -. Questo è il cuore della proposta di legge di iniziativa popolare che la Cisl presenterà il 2 settembre alla Camera, dopo aver raccolto migliaia di firme in tutta Italia, in modo da estendere il bonus fiscale di mille euro all'anno anche ai pensionati, ai lavoratori autonomi e ai giovani».

Tasse e tasse, altro che tagli o «spending review »: è una ricetta classica del sindacato alla quale nemmeno Annamaria Furlan intende sottrarsi. Del resto, davanti al collega Fausto Scandola che a fine luglio ha denunciato lo scandalo dei super-stipendi da quasi 300mila euro annui, la reazione del segretario confederale è stata l'espulsione del povero grillo parlante. Un atto d'imperio corredato da una difesa di circostanza: «Faremo trasparenza». In effetti pochi giorni prima, il 9 luglio, il Comitato esecutivo nazionale confederale della Cisl (un organismo dal nome che evoca i piani quinquennali sovietici) aveva approvato all'unanimità un regolamento che pianta paletti precisi sulle retribuzioni dei sindacalisti. Ma questa nuova disciplina ha bisogno di essere recepita e deliberata. E fino ad allora la trasparenza rimane una promessa alla Renzi.

Genovese, classe 1958, Annamaria Furlan ha cominciato a lavorare alla Cisl a 22 anni come delegata dei postelegrafonici. Sotto l'ala protettrice dell'allora segretario Sergio D'Antoni, la rampante sindacalista conquista la guida della federazione di Genova e poi della Liguria. Nel 2002 Savino Pezzotta la chiama a Roma come segretario confederale del terziario e dei servizi. Non è un settore da prima linea ma Furlan accetta di buon grado. Mantiene un profilo basso anche quando si schiera con Bonanni. Testa bassa e poche parole la portano a diventare uno dei collaboratori di fiducia del numero 1, il quale nel 2014, in pochi mesi, dapprima le affida il coordinamento del negoziato sul testo unico sulla rappresentanza e poi la nomina segretario nazionale aggiunto. Il copione è lo stesso di quello che Guglielmo Epifani aveva allestito per Susanna Camusso: preparare il terreno per l'ascesa di una «quota rosa». Ma alla Cisl la staffetta tra il segretario e l'aggiunta si compie in tempi brevissimi, accelerati dal terremoto di polemiche divampate sui compensi del capo.

Di Bonanni, Furlan ha conservato la linea che alterna bastone e carota con il governo. «Il sindacato serve e ci devi parlare», ha detto a Renzi quando il rottamatore ha cominciato a trattare male le confederazioni. Gli 80 euro in busta paga vanno bene, invece il Tfr in busta paga no. Il Jobs Act (compresa la sospensione dell'articolo 18) risolve molti problemi mentre la riforma della scuola è da voltastomaco («il governo non conosce né la scuola né il sindacato»). Gli scioperi generali e le occupazioni delle fabbriche tanto amati da Cgil e Fiom sono inutili al contrario della contrattazione con l'esecutivo per eliminare il precariato. Furlan chiama «politica della concretezza» questo ondivagare da un estremo all'altro. Il suo vero modello, però, non è Bonanni quanto Sergio Marchionne, l'amministratore delegato del gruppo Fca. L'uomo forte di casa Agnelli con i suoi modi rudi quanto efficaci ha evitato la chiusura di Pomigliano, ha investito e ha ridato lavoro ai cassintegrati. «Il modello Fiat va esteso a tutte le grandi fabbriche», ha esclamato la leader della Cisl. Una posizione opposta a quella di Camusso e Landini, favorevole alla flessibilità e al lavoro nei fine settimana.

Tra i suoi progetti c'è pure un assegno straordinario di mille euro l'anno (cioè 80 euro al mese, guarda caso) da concedere a tutti i contribuenti con reddito inferiore a 40mila euro annui, inclusi pensionati, lavoratori autonomi e incapienti. Un giochino da 35 miliardi di euro. Dove li prende? In parte dalla lotta all'evasione, un mantra del quale nessuno in Italia può fare a meno. E il resto dalla patrimoniale sulle ricchezze oltre i 500mila euro.

Una ricetta veterocomunista dalla quale non c'è sindacato che riesca ad affrancarsi.

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