Economia

«Fabbrichiamo potenza per macchine agricole»

Nata nel 1970, l’azienda deve il suo continuo sviluppo all’innovazione e alla ricerca

Sono due gemelli, nati nel 1948 ad un'ora di distanza l'uno dall'altro. Ma non sono proprio due gocce d'acqua: Fabrizio, il primo dei due, perito meccanico al Nobili di Reggio Emilia, è più robusto, ha la mascella forte, ama andare a funghi e anche a Salonicco dove ha una casa in quanto in seconde nozze è sposato con una greca di nome Mary, è milanista ed è un tantino ruspante; Fabio, il secondo, ragioniere allo Scaruffi di Reggio Emilia, è più snello, ha gli occhi molto vispi e una forte predisposizione per i numeri, è più estroverso, fino al giugno 2006 è stato per quattro anni presidente degli industriali reggiani, gli piacciono i ristoranti e il buon vino e da sempre tifa per la Reggiana di cui è anche sponsor. Ma entrambi sono due panzer. E lo dimostrano, ciascuno nei propri ruoli, nella guida della Comer Industries, nata più di 35 anni fa, nel 1970, per produrre scatole di ingranaggi per le macchine agricole e diventata leader mondiale nella progettazione e produzione di sistemi avanzati di ingegneria e di soluzioni di meccatronica per la trasmissione di potenza destinati ai costruttori di macchine agricole e industriali. Molto più semplicemente, questa azienda realizza prodotti di altissima tecnologia utilizzati dai colossi mondiali, dalla Caterpillar alla John Deere sino alla Mitsubishi. «I due terzi del fatturato vanno all'estero», commenta Fabio Storchi.
Sistemi integrati. Storchi, Fabio Storchi, ex vicepresidente di Federmeccanica e membro di giunta della Confindustria, sposato con Edda Ongarini, è il presidente e l'amministratore delegato della Comer Industries, 236 milioni di fatturato realizzati per il 60% nel settore agricolo e il 40% in quello industriale, 1.200 dipendenti sparsi in sette stabilimenti nelle province di Reggio Emilia, Modena e Mantova, quartiere generale a Reggiolo, filiali in Gran Bretagna, Germania, Francia, Svizzera e Stati Uniti con uno stabilimento di 8mila metri quadrati nel Nord Carolina. Fabrizio è invece vicepresidente con un occhio di riguardo sui nuovi insediamenti produttivi dopo essersi occupato dei processi manifatturieri del gruppo che in questi anni ha cambiato pelle optando per la meccatronica, offrendo cioè sistemi integrati di prodotti che fondono ingegneria meccanica, idraulica, elettronica e informatica. E che marcia a ritmo spedito: ha appena acquisito una partecipazione nella Promec di Udine in modo da ampliare l'offerta nei segmenti per betoniere e carrelli elevatori; sta mettendo in funzione per settembre il nuovissimo stabilimento hi-tech di Matera (l'ottavo quindi), a regime nel 2007 con 90 dipendenti e costruito con un investimento di oltre 20 milioni di euro, per il 65% anticipati dalla regione Basilicata e con sgravi contributivi che valgono il 40% in meno sui costi di manodopera; in ottobre entrerà direttamente nel mercato cinese creando a Shanghai una nuova filiale per la distribuzione e la vendita dei prodotti. Anche se in realtà la Comer è in Cina già da oltre vent’anni realizzando parte dei prodotti poi venduti negli Stati Uniti. «La strategia? Seguiamo i nostri clienti in tutto il mondo», dice Fabio.
Il battistrada. A fare all'inizio da battistrada alla Comer, che vuol dire Costruzioni meccaniche riduttori, c'è ancora negli anni Sessanta la Oma creata dal fratello maggiore dei due gemelli, Oscar. Già, perché nella famiglia di Pietro ed Edmea Storchi, entrambi mezzadri di Campagnola Emilia, in provincia di Reggio (lui compirà in agosto 90 anni essendo del 1916, lei ne ha 84), i figli sono tre: Oscar, Fabrizio e Fabio. Con Oscar, perito agrario, pieno di intraprendenza in una provincia molto dinamica dal punto di vista imprenditoriale. Così in un primo tempo va ad imparare il mestiere da uno zio che ha a Reggio un'officina meccanica. Con lui c'è anche un cugino che è considerato come un fratello, Aimone Storchi. Ad un certo punto Oscar e Aimone decidono di mettersi in proprio aprendo a Campagnola un'officina, la Oma, in cui producono invertitori e frizioni a bagno d'olio per motori a scoppio. Le stesse cose, insomma, che facevano nell'officina dello zio. Finché entrano in scena anche i due gemelli, Fabio e Fabrizio, e allora nel 1970 prende vita la Comer (la parola Industries sarà aggiunta più di trent'anni dopo) per produrre scatole di ingranaggi per le macchine agricole. Oscar, che poi scomparirà in un incidente stradale nel 1973, segue la gestione generale dell'azienda, Fabrizio la produzione, Fabio l'amministrazione. Il cugino Aimone si occupa delle vendite in Italia della Comer e continuerà a farlo anche in seguito allorché acquisirà in proprio un’azienda di viti di Novellara che poi nel 2002 cederà ai gemelli pur rimanendone amministratore delegato. Risultato: oggi Fabio è anche presidente di quell'azienda, la Vimi Fasteners, 30 milioni di fatturato e 200 dipendenti, mentre Aimone siede con i cugini nel consiglio d'amministrazione della Comer Industries.
Famiglia compatta. Ma chi decide tra i gemelli? «Le scelte sono sempre state fatte insieme», commenta Fabio confermando la compattezza della famiglia. Che è necessaria in quanto la proprietà, rappresentata da una finanziaria di nome Finregg, è divisa in tre parti: Fabio, Fabrizio e i due figli di Oscar, Cristian, 1971, responsabile in azienda della pianificazione commerciale, e Annalisa che invece vive a San Diego. Presidente della Finregg è Fabio e i vari componenti della famiglia sono legati da un patto stilato nel 1998 che, spiega Fabio, «ha comunque bisogno di essere rinfrescato». Tanto più che prima o poi potrebbe entrare nel capitale del gruppo un fondo di private equity. E anche perché tra prima e seconda generazione ci sono già sei Storchi impegnati nel gruppo: i due gemelli, Cristian, uno dei quattro figli di Fabio (Paolo è in contabilità mentre il primogenito, Claudio, ha preferito dedicarsi alla computergrafica a Reggio) e due dei quattro figli di Fabrizio: Matteo segue le vendite mentre Marco, ingegnere gestionale, si occupa di applicare in azienda la metodologia del «lean thinking». Cioè? La moderna filosofia organizzativa che permette di eliminare gli sprechi, di aumentare la produttività, di essere più competitivi, di coinvolgere maggiormente il personale, di produrre con difetti zero. Consente, spiega Fabio, «di creare valore lungo tutta la filiera e di produrre con un flusso continuo scandito dalla domanda dei clienti». È, aggiunge Fabrizio, «il modello della Toyota, davvero rivoluzionario».
L’innovazione. Gli Storchi hanno sempre dato spazio all’innovazione di mercato, di prodotto e di processo. In particolare da quando avviano l'internazionalizzazione del gruppo nel 1985 con la decisione di costituire le filiali commerciali all'estero. Prima in Francia e via via tutte le altre. Spiega Fabio: «Ci siamo proposti come partner dei grandi costruttori internazionali di macchine agricole, non offrendo solo una gamma di componenti standard su catalogo ma prodotti realizzati su misura e servizi specifici». E dopo l'estero, ecco la diversificazione alla fine degli anni Ottanta, ampliando l'offerta ad altri prodotti meccanici, oleodinamici ed elettronici in grado di completarsi tra loro. «Ormai - chiarisce Fabio - noi forniamo sistemi integrati per la trasmissione di potenza, destinati all'industria delle macchine agricole ma anche al comparto delle macchine industriali». Altra tappa nel 1996: i due fratelli fanno sorgere a Reggiolo il Centro ricerche di meccatronica, 1.500 metri quadrati, 70 dipendenti tra cui una sessantina di ingegneri ed esperti Cad che sviluppano e testano prodotti innovativi per i clienti e assorbono attorno al 5% del fatturato.
Nel 2002 altra svolta fondamentale: con un nuovo nome e logo, nasce Comer Industries. In sostanza l'impresa si trasforma, passando da un gruppo di aziende ad un'unica realtà in grado di offrire soluzioni di meccatronica e sistemi avanzati di ingegneria. Ed ora la sfida di Matera, 11 mila metri quadrati con un altro centro di ricerca, e quella di Shanghai.


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