Farmaci e terapie

Alzheimer, una variante genetica proteggerebbe dalla malattia

Non ha mai sviluppato l'Alzheimer anche se geneticamente predisposto: ecco cosa hanno scoperto i ricercatori e le importanti implicazioni che si potranno avere in futuro per la cura della malattia

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La notizia è molto importante e sta già facendo discutere gli esperti di tutto il mondo: una variante genetica fornirebbe protezione dal morbo di Alzheimer come è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine dopo la scoperta fatta sul cervello di uomo colombiano. In questo modo potrebbero nascere terapie ad hoc per combattere questa terribile malattia che, ad oggi, non ha una cura definitiva.

Di cosa si tratta

Le ricerche condotte in vari centri tra cui il Massachusetts General Hospital (Mgh) di Boston hanno scoperto che una rara variante del gene Reln (della proteina reelina) eviterebbe la comparsa della cosiddetta Adad (malattia di Alzheimer autosomica dominante), una forma che viene ereditata e dà un esordio precoce già verso i 40 anni. Il paziente oggetto della scoperta, un uomo che viveva in Colombia, è rimasto in perfetta forma e senza nessun segnale fino a 67 anni, ossia per oltre 20 anni da quando avrebbe dovuto avere i primi cenni di demenza che ha manifestato soltanto dopo i 70 anni fin quando non è morto all'età di 74 anni. I ricercatori hanno quindi identificato in quella variante una forma naturale di protezione dalla malattia.

Un nuovo futuro?

La scoperta farà mettere in moto la macchina mondiale della ricerca per scoprire nuovi metodi e nuove terapie per curare questa malattia con i bersagli terapeutici ottimali. "La variante genetica che abbiamo identificato indica un percorso che può produrre un'estrema resilienza e protezione dai sintomi dell'Alzheimer", ha affermato alla stampa il co-autore dello studio, Joseph Arboleda-Velasquez. Il caso ha attirato l'attenzione dei ricercatori perché questo paziente fa parte di una famiglia della più grande parentela conosciuta al mondo che possiede la variante genetica chiamata Paisa.

Normalmente, il primo deterioramento cognitivo si manifesta verso i 40-45 anni, la demenza intorno ai 50 e le maggiori complicazioni dai 60 anni in sù, tutto ciò che il paziente colombiano non ha avuto. Si tratta, in realtà, del secondo caso conosciuto al mondo e riportato in letteratura dopo quanto scoperto nel 2019 con una donna che fino all'età di 70 anni non aveva subìto alcun tipo di problematica.

"Caratteristiche comuni"

"I confronti fianco a fianco di questo caso maschile e del caso femminile ci hanno permesso di discernere caratteristiche comuni", hanno scritto gli scienziati su Nature Medicine. Il cervello dell'uomo presentava numerose placche di beta amiloide (che scatena l'Alzheimer) ma grazie a quella mutazione sarebbe comunque rimasto protetto una piccola parte di esso che presentava bassi livelli di tau: è proprio quell'area del cervello indispensabile per la memoria che ha ridotto, in maniera decisiva, il declino cognitivo precoce che altrimenti si sarebbe manifestato nell'uomo e nella donna.

In questo modo, come accennato prima, la ricerca potrebbe trovare il modo per impedire l'accumulo di tau nel cervello e neutralizzare per sempre, o rallentare in maniera decisiva, l'esordio di una delle malattie incurabili peggiori che esistono tutt'ora.

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