Laura Cesaretti
da Roma
Il giorno dopo lo strappo della Margherita, Francesco Rutelli va in trasferta a perorare la causa del «sì» al referendum. Quello francese sulla Costituzione europea, però, perché su quello italiano a proposito di fecondazione assistita e libertà di ricerca ancora non parla.
Rutelli dunque è a Parigi, Prodi in viaggio tra Cina e Russia, DAlema a Rio De Janeiro e Fassino e Boselli in partenza per Israele dove si riunisce lInternazionale socialista. Le chiamate intercontinentali si sprecano, in queste ore, tra i globe-trotter del centrosinistra. Particolarmente onerose quelle intercorse tra Prodi e Fassino ieri mattina: il segretario della Quercia ha speso fiumi di parole per convincere il Professore a frenare le ansie bellicose contro la Margherita: «Dobbiamo stare calmi, altrimenti qui si sfascia tutto», è stato il suo allarmato refrain. Facendo capire che sotto le macerie di una nuova guerra civile a sinistra rischierebbero di restar sepolti anche la leadership prodiana e le speranze di vittoria nel 2006. Perché Prodi, la sera del venerdì nero dellUlivo, voleva far rullare i tamburi della battaglia: annullare il vertice della Federazione da lui convocato per il 25 maggio e dichiarare che «senza il Listone, la Fed non ha più ragione di esistere: è morta». E il killer è ovviamente Rutelli, la smoking gun del delitto è quel no a larga maggioranza dellassemblea federale della Margherita al listone prodiano. Guerra, dunque: e la carica dei prodiani, nelle ultime ventiquattrore, lo dice chiaro. Minacce di scissione, accuse di tradimento, denuncia di «spostamento a destra» dei Dl, sospetti di trescare con le sponde centriste della Cdl e di voler «indebolire» la leadership lasciando Prodi «senza partito», e ostaggio della «partitocrazia». Sullo sfondo, lipotesi di dare comunque vita ad una lista «per Prodi» più larga possibile, un «Ulivone» aperto a chi ci sta, cui ieri già rispondeva positivamente il Verde Pecoraro, mentre Rifondazione prendeva le distanze. Parisi lo spiegava chiaramente: i prodiani non vogliono entrare in una «Cosa 3» a dominanza ds, ma bisogna dare risposta ad una questione «tecnica ma anche politica: a quale partito si apparenta il candidato premier?».
Il preoccupatissimo Fassino si è prontamente cucito addosso il ruolo di mediatore, ha ottenuto un risultato e preso un impegno: Prodi ha accettato di riconfermare la riunione del 25, e di non mollare subito lobiettivo di una Federazione riformista Ds-Dl-Sdi. In cambio, la Quercia non dichiarerà archiviato il Listone e si darà da fare per incalzare Rutelli: «Cercheremo di convincere la Margherita che la lista è la soluzione migliore, augurandoci che ascolti il messaggio che viene dal paese e dice che è una follia cancellare lUlivo», spiega Chiti. Che però mette anche qualche paletto ad uso del Professore, auspicando che non si proceda «a colpi di intimazioni o registrando fatti compiuti». Il mariniano Fioroni gli replica avvertendo che ormai la Margherita ha deciso, e che «la collaborazione con i Ds deve proseguire, ma nel rispetto delle scelte che sono state assunte, e sono ormai alle nostre spalle». Altrimenti «lescalation polemica diventerà drammatica».
Dentro la Margherita, però,il conflitto è tuttaltro che «alle spalle» e i prodiani assicurano che «non si arrenderanno». Rutelli tace, ma ora che i rapporti di forza interni sono stati chiariti dal voto dellassemblea federale e che la sua leadership e il suo asse con gli ex Ppi sono definitivamente assestati la tentazione di regolare un po di conti si affaccia.
Fassino frena la voglia di vendetta di Prodi
Incassata la fiducia dei suoi, Rutelli tace. E ora, rafforzata la sua leadership, potrebbe regolare i conti con la minoranza interna
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