Politica

Fedele. Ma anche critico Da Floris non lascia il segno

VERTICE L’ex presidente di An ha incontrato Calderoli e Cota per discutere di federalismo. E Bossi stempera: «Non gli faccio la guerra»

RomaLe dimissioni del fedelissimo Italo Bocchino? Un «atto di elementare correttezza», su cui «attendiamo le decisioni che il vertice del gruppo e del partito prenderanno». E Fabrizio Cicchitto, che farà? «Sarà anche lui a decidere». Entra nel vivo della polemica di giornata, Gianfranco Fini, pur senza cravatta rosa (ma rossa), «tonalità cromatica» su cui si è aperto un «dibattito di basso livello» sui giornali. E si riaffaccia intanto sul piccolo schermo (domenica è stato ospite a In 1/2 h, oggi sarà intervistato per un’ora da Bruno Vespa a Porta a porta), per spiegare a Ballarò, senza grosse novità rispetto a quanto ribadito in precedenza, cosa stia avvenendo, secondo lui, nel Pdl.
A tratti sorride, la terza carica dello Stato, nel rispondere alle domande di Giovanni Floris. Ed è lesto a rimarcare che ora «c’è un Pdl che discute, in cui il dissenso è ammesso». Insomma, «un fatto largamente positivo». Venuto fuori «in diretta tv», alla direzione nazionale, quando «tutti hanno preso atto che c’è un piccola componente, ma politicamente significativa, che non ha votato il documento finale perché ha espresso delle motivate ragioni di dissenso» su questione Pdl, coesione nazionale, federalismo, legalità, modalità per garantire il rispetto del programma.
Ma non ricordategli quel «Meno male che Silvio c’è...». Trattasi di «inno che non mi piace, non perché non mi piace che ci sia Silvio, ma perché in fase post-ideologica il partito non ha bisogno di inni». Detto questo, «sono convinto che una leadership forte e carismatica come quella di Berlusconi non sia negativa per il Paese. Ma credo che il rapporto tra leader e corpo elettorale debba essere mediato dal partito». Quindi, «il premier ha il diritto di governare avendo vinto le elezioni ed il dovere di farlo al meglio per rispettare gli elettori. E il Pdl è uno strumento per aiutare il governo a non commettere errori». Basta questo per essere definiti «compagno»? «Dissentire ed essere bollati di eresia ideologica - spiega sempre a Ballarò, in un’intervista registrata - è tipico di una certa stampa che ha una concezione muscolare del bipolarismo: quelli perennemente arrabbiati, sempre con la bava alla bocca».
L’ex leader di An torna poi a bocciare l’ipotesi di elezioni anticipate: «Lo escludo nel modo più assoluto, nessuno è così irresponsabile». D’altronde, basta vedere quanto di «drammatico» sta avvenendo in Grecia. E invita a guardare ai prossimi tre anni, che «devono essere utilizzati per fare le riforme, cercando ampie intese in Parlamento, senza imporre il volere della maggioranza sull’opposizione». Quella sulla giustizia, continua, va fatta «nell’interesse del Paese e della stragrande maggioranza dei magistrati, che sono un baluardo di legalità, che non fanno comizi in tv e che non si candidano».
E a proposito di tv (stavolta si parla di digitale terrestre e del rapporto Sky-Mediaset), Fini evita la «buccia di banana» sul potenziale conflitto di interessi del Cavaliere. «Ci sono analogie con quello paventato da Berlusconi sul suo ruolo istituzionale?», chiede malizioso Floris. «Credo che non siano questioni che si possano paragonare. Per quanto mi riguarda - ricorda - non esiste alcuna norma che non mi permetta di esprimere pure le mie idee politiche. E sull’altro versante, ricordo che in Italia c’è già una legge sul conflitti d’interessi, voluta tra l’altro dal centrodestra. In generale, auspico maggiore pluralismo pure nel settore tv, ma i contenziosi tra governi e Commissione Ue non sono certo una novità».
Inevitabile un passaggio su Lega (nel pomeriggio ha ricevuto a Montecitorio Roberto Calderoli e Roberto Cota) e federalismo fiscale, che rimane «una grande opportunità, specie per il Sud». «Sappiamo che sarà un risparmio a regime ma un costo in partenza - rimarca -, ecco perché chiedo di discutere sulle modalità di attuazione dei decreti, tenendo come stella polare la coesione nazionale». Intanto, via libera alla mediazione con il Carroccio. Tanto che Umberto Bossi rassicura: «Mica faccio la guerra a Fini io...

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