Cultura e Spettacoli

Il "fotografo" del Seicento fra scatti e luce artificiale

Gli effetti davvero speciali del caravaggesco olandese. Fra naturalismo italiano e smalto cromatico fiammingo

Il "fotografo" del Seicento fra scatti e luce artificiale

diPossiamo serenamente affermare che dalla rivoluzione caravaggesca discendono due grandi invenzioni: la fotografia e la luce elettrica. L'affermazione è meno paradossale di quanto possa apparire, perché si manifesta come una constatazione relativa, da un lato, al concetto di «attimo decisivo» introdotto nella interpretazione della fotografia da Cartier-Bresson; dall'altro, all'evidenza di una luce artificiale in molte invenzioni dei caravaggeschi di stretta osservanza, spesso più radicali dello stesso maestro. Tra questi alcuni veri e propri specialisti, che verranno riconosciuti e classificati dai contemporanei e dalla critica proprio per questa specialità.

Il più noto, e il più riconosciuto e riconoscibile, è certamente Gherardo delle Notti, che traduce, per assonanza, ma anche per sostanza visiva, il nome originale di Gerrit van Honthorst. Transitato in Italia intorno al 1610, l'anno della morte di Caravaggio, lì rimase circa un decennio, fino all'estate del 1620, quando rientrò nella sua patria, Utrecht. Più di altri, non meno notevoli, Gherardo approfondisce la sua ricerca sulla luce, che era stata anche, con diversa intensità, propria di Hendrick ter Brugghen e di Dirck van Baburen; e, più tardi, di Matthias Stomer. Intorno a loro, e in particolare a Gherardo delle Notti, vanno ricordati geni e comprimari, da Georges de La Tour a Pietro Paolini, a Francesco Rustici, a Rutilio Manetti, fino all'equivoco Trophime Bigot, nome di comodo nel quale si articolano tre o quattro artisti, sempre più estremi nel trasformare una candela in lampadina.

Il più programmatico in questa impresa fu Gherardo delle Notti. L'occasione di una mostra nella Galleria degli Uffizi, con l'esposizione dei soli dipinti italiani, «quadri bizzarrissimi e cene allegre», ci consente, una volta per tutte, di capire una storia che ha i suoi antefatti nelle tele di Antonio e Vincenzo Campi in San Paolo in Converso a Milano e in quelle di Luca Cambiaso, veramente sorprendenti. In particolare Cristo davanti a Caifa del pittore genovese, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani nel 1600, fu visto da Gherardo che si confrontò anche con altri spettrali notturni di Andrea Donducci detto Mastelletta. Di fronte a quegli intensissimi controluce, in ambientazioni buie, si misura il pittore olandese, rassicurato da alcuni esperimenti nella stessa direzione di ter Brugghen, come la Negazione di Pietro , ora in collezione Spier, il cui lontano ascendente è il dipinto di stesso soggetto di Caravaggio, imprudentemente acquistato dal Metropolitan Museum of Art di New York dopo essere stato abusivamente esportato dall'Italia, dove era stato visto e riconosciuto, alla fine degli anni '60, nella collezione Imparato Caracciolo a Napoli.

Rispetto a quella di altri caravaggeschi, la visione di Gherardo rappresenta la mediazione tra il metodo di Bartolomeo Manfredi e lo smalto cromatico e luminoso dei fiamminghi. Questo gli consente risultati nuovi e tempestivi (già nel 1610-11), come nel teatrale e pluriluministico Giuditta e Oloferne , riconosciuto da Giovanni Papi presso Didier Aaron di Parigi. Di qui inizia un'escursione drammatica che porta Gherardo delle Notti, fin dai primi anni del secondo decennio del Seicento, a maturare gli effetti speciali cui ha legato il suo nome: il Cristo morto con due angeli in palazzo Reale a Genova (1613), la Cena con sponsali degli Uffizi (1613), Gesù nella bottega di Giuseppe ora nella Bob Jones University di Greenville (1614), il San Luca di Chambéry (1614), il Cristo davanti a Caifa della National Gallery di Londra (1615-16), la Negazione di Pietro di Rennes (1616-17), la Derisione di Cristo di Los Angeles (1616-17), la Decollazione di san Giovanni Battista per la chiesa di Santa Maria della Scala a Roma (1618). Sono questi i momenti più significativi della parabola del pittore, interrotti soltanto dalla pala per il convento dei Cappuccini di Albano Laziale, in una ambientazione serotina a luce naturale, dove sembrano prevalere le suggestioni di Tiziano, di Ludovico Carracci, di Lanfranco.

A parte questa testimonianza, così umanamente intensa da muovere emozioni nello stesso Roberto Longhi, lo scopritore di Caravaggio e dei caravaggeschi, ci possiamo soffermare su tre importanti dipinti della prima e compiuta maturità di Gherardo delle Notti. Il primo è la Derisione di Cristo di Los Angeles, che rielabora il modello della Incoronazione di spine di Caravaggio in un politezza luminosa che si distribuisce con mirabili effetti sui volti irridenti dei carnefici, con calcolate vibrazioni di diversa intensità rispetto al fiotto di luce che investe il Cristo. Pura, mirabile regia cinematografica. Il secondo, il capolavoro assoluto di Gherardo, in una spirituale anticipazione di Rembrandt, è il Cristo davanti a Caifa , opera teatrale e ammirevole per l'umanissima espressione del Cristo, messo a fuoco dal faro di luce rispetto agli sfocati astanti sullo sfondo. La figura di Caifa, col dito levato, è parlante e viva, grazie al lume che proietta una striscia luminosa sul braccio e dà parola e palpito al volto. Qui il pittore raggiunge la perfezione. Il terzo dipinto, per molti versi straordinario, forse il più complesso di quelli italiani di Gherardo delle Notti, è la Decollazione di San Giovanni Battista , il cui schema grandioso corrisponde ai principî di decoro dei frati di Santa Maria della Scala. C'è un grande ritmo nei movimenti rallentati dei personaggi, con una intima plasticità che governa la composizione, più compiaciutamente luministica che naturalistica, alla ricerca di effetti speciali e degli ornamenti di stoffe, piume e turbanti.

Alla fine, rispetto alla Decollazione del Battista di Caravaggio a Malta, tutto appare edulcorato, accarezzato da luci morbide, nelle opere di Gherardo delle Notti, che traduce il dramma della vita, nella sua insostenibile tensione, in teatro, dove, insieme al pittore che pensa, trovano occupazione il coreografo, lo scenografo, il costumista, il direttore delle luci.

Mentre Gherardo sale sul palcoscenico, Caravaggio sta sulla strada.

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