Politica

La Francia vuole l'obbligo di votare per le donne

Non bastano più le quote rosa sulle candidature. Una deputata del partito di Sarkozy propone una legge che infligge pesanti sanzioni pecuniarie ai partiti che non fanno eleggere abbastanza donne

Penalizzare in modo più severo quei partiti che fanno eleggere (e non soltanto candidare) un numero troppo scarso di donne. È lo scopo della proposta di legge depositata all'Assemblea nazionale di Parigi da Chantal Brunel, deputata francese dell'Ump - il partito di destra al potere di Nicolas Sarkozy -. Nella proposta, la deputata vuole spingersi ancora più in là rispetto all'attuale normativa chiedendo misure più drastiche e «vincolanti».
Obiettivo? Incoraggiare la parità tra uomo e donna in occasione di tutti gli appuntamenti elettorali, regionali incluse.
Ad oggi, i partiti che non ottemperano alla legislazione sulle quote rosa, vengono penalizzati con una decurtazione massima del 50% sul contributo elettorale ricevuto dallo Stato, che ammonta nel complesso a 80 milioni di euro. La deputata, che giudica insufficiente la misura, suggerisce di elevare l'ammontare della sanzione.
In particolare, la Brunel - che è anche relatrice presso l'osservatorio sulla parità tra i sessi - punta a ridurre i finanziamenti a tutti quei partiti che non conteranno almeno il 30% di elette nel 2012, 40% nel 2017 e 50% nel 2022.
Ma nella proposta di legge la vera novità è che il calcolo delle penalità finanziarie sarà effettuato non solo in base al numero di candidate ma al numero di elette. In pratica, si tratta di «ricompensare le formazioni che non solo avranno dato prova di volontà per presentare un numero sufficiente di candidate ma che le avranno anche investite nelle circoscrizioni vincenti».
In Francia è in vigore dal 2000 una normativa che impone ai partiti di candidare un pari numero di uomini e donne - con scarto massimo del 2% - se non vogliono incorrere in sanzioni finanziarie. Un sistema che secondo la Brunel ha contribuito a portare solo un 18,5% di donne su 577 deputate in Parlamento e - al livello regionale - solo il 12,3% consigliere generali su 4.003.
Una situazione che rischia di peggiorare in futuro, visto che la riforma delle collettività territoriali, attualmente allo studio in Francia, non prevede disposizioni a favore della parità, un principio che dal 1999 è iscritto nella costituzione.
La proposta comincia adesso un lungo iter legislativo, a partire dall'iscrizione all'ordine del giorno dell'assemblea, che dipenderà dalla volontà del gruppo Ump o del governo.


Complessivamente, in Francia i 4/5 dei deputati e senatori sono di sesso maschile.

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