Roma - I cervelli in fuga, non ne vogliono sapere di tornare a casa. Più di metà dei laureati italiani
che vivono all’estero non considerano come probabilità concreta
quella di tornare nel Belpaese. Con il trascorrere del tempo, infatti,
l`ipotesi di un rientro diventa sempre meno probabile: a 5 anni dalla
laurea sono 52 su 100 i laureati occupati all`estero che considerano
questa possibilità "molto improbabile".
L'italia ha perso "le teste" È quanto si legge nel
rapporto "Italiani nel mondo 2008" curato dalla Fondazione
Migrantes, secondo il quale si conferma il fenomeno della "perdita
dei cervelli", dovuta al fatto che "l`Italia, a seguito di carenze ben
note, non è in grado di esercitare una forte attrattiva per il loro
ritorno, né di utilizzare a un livello più elevato i laureati italiani e gli
immigrati presenti sul suo territorio".
Gli avvocati rimangono in patria Le lauree più ricorrenti tra quanti lavorano all`estero sono, come
avviene in Italia, quelle del ramo letterario, linguistico, ingegneristico
ed economico-statistico. La laurea in giurisprudenza, invece,
sottolinea il dossier, è maggiormente finalizzata alle esigenze del
contesto italiano.
Nemo "scienziato" in patria Le percentuali di coloro che espatriano con titoli
del ramo scientifico e tecnologico sono nettamente superiori a
quelle che si riscontrano nel gruppo umanistico, anche se, in
assoluto, il loro numero è piuttosto contenuto.
Fuga di cervelli: la metà non torna più indietro
Le intelligenze italiane che lavorano all'estero, reputano alquanto improbabile l'ipotesi di tornare in patria. E' la fotografia scattata da un rapporto della "Fondazione migrantes"
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