Da Genova arriva il motore a... batteri

Potrebbe accadere, in futuro, di arrivare al distributore e dire all’omino: «Mi faccia il pieno di.... influenza». E sarà tutta colpa dei bravi ricercatori dell’Infm, Istituto nazionale per la Fisica della Materia, nell’ambito del Cnr, che hanno scoperto un sistema per creare energia dai batteri. Sì, la ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati on line a gennaio sulle Physical Rewiew Letters, mirava a fare lavorare come fossero animali da soma microscopici i batteri, in modo da renderne fattibile l’uso in apparecchi miniaturizzati.
Curiosità scientifica fino a pochissimo tempo fa, i motori batterici sono diventati un campo di intensa ricerca da quando nel 2006 se è dimostrata la fattibili in Giappone. «L’obiettivo - spiegano i ricercatori - è quello di sfruttare le potenzialità dei batteri per alimentare tutta una serie di apparecchi microscopici, come impianti medicali o nanodispositivi ancora da inventare per i quali i motori batterici potrebbero fornire una fonte di energia economica e di dimensioni ridottissime.
A guardarlo (al microscopio s’intende) un motore batterico è composto, oltre che di microrganismi, di due altri ingredienti: la soluzione in cui sono immersi, e particolari microingranaggi che i batteri possono mettere in movimento. È proprio da questi ingranaggi (come dall'albero di un motore automobilistico) che si progetta di estrarre energia. E le difficoltà per farlo nel modo più semplice possibile sono state superate da Luca Angelani, del laboratorio Smc di Infm-Cnr, e Roberto di Leonardo e Giancarlo Ruocco, del laboratorio Soft di Infm-Cnr.
«La soluzione consiste nell'utilizzo di microingranaggi di una particolare forma asimmetrica, con denti di lunghezze differenti e orientati nella medesima direzione, simili a stelle lievemente sbilenche.

È sufficiente immergere questi ingranaggi in una soluzione di batteri, perché questi ultimi col loro movimento spontaneamente li facciano girare a velocità costante», spiegano i ricercatori che sono riusciti a «costringere» i batteri a fare un lavoro utile da cui estrarre energia. Resta, va detto, un problema. I calcoli dicono che per ottenere l’energia necessaria ad accendere una lampadina serve un metro cubo di soluzione di batteri. Economico, sì, ma forse un po’ ingombrante.

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