Cronache

Flavio Costantini, gli amici si ritrovano per celebrarlo

Flavio Costantini, gli amici si ritrovano per celebrarlo

Il suo primo e mai rinnegato amore è stato per il mare. Esplorato come Capitano di Lungo Corso e poi decantato con grazia puntuale e silente nel ciclo dedicato - in anticipo su ogni moda e revival - alla tragedia del Titanic. Tra le due esperienze un cambio di rotta guidato da un altro, profondissimo, amore: la letteratura. «È stato Kafka a condurlo all'arte» ricorda Matteo Fochessati, curatore dell'antologica al Museo Luzzati nel 2010. Lui, ovviamente, è Flavio Costantini. Maestro del secolo breve nato a Roma nel '26, che dopo una vita scelta in Liguria si è spento il 20 maggio con tutto il riserbo che era suo. «È stato capace di assorbire e rielaborare, collocandosi già in un'ottica citazionista postmoderna, tantissimi rimandi, dall'Art Nouveau a Ben Shahn, dal cinema alla fotografia. Ha creato un suo linguaggio: assolutamente unico». E così è: dalla Tauromachia agli Anarchici, dalla serie dedicata agli Zar a quella sulla Rivoluzione francese, dai ritratti dei maestri della letteratura alle illustrazioni per libri, quotidiani e periodici, Costantini si muove con agilità tra le maglie della storia per guardarla negli occhi, senza altari né nostalgie. Per scoprire che le vittime possono diventare carnefici, il noto ribellarsi, l'incredibile accadere e un ritratto farsi «rebus», come disse Sciascia, ove ogni elemento è indizio. E lo spazio e il tempo testuggine romana in continua lotta con un segno marcato e la nostalgia d'oro delle volute Liberty. Ma basta guardare indietro, anche se è giusto ricordare i suoi tanti riconoscimenti - dalla Quadriennale di Roma alla Biennale di Venezia di Arturo Schwarz fino alla Triennale di Milano - perché l'appuntamento con Flavio Costantini è vicino: a metà giugno. Sì perché «oltre al ricordo è importante la continuità: portare avanti le sue intuizioni, la sua ricerca». Parola di Sergio Noberini, direttore del Museo Luzzati, che con l'artista ha lavorato ma soprattutto condiviso molto, e a lungo. «Organizzeremo una giornata d'incontro con tutti gli amici: dal fotografo Ferdinando Scianna a Osvaldo Guerrieri, che sta scrivendo un testo sulla sua opera». Sarà anche l'occasione per presentare la lampada di Hanukkah disegnata da Costantini che Noberini ha fatto realizzare in due copie: «una resterà qui, l'altra è destinata al Museo dei Lumi di Casale Monferrato dove c'è già Luzzati». Già, Lele: l'amicizia era fortissima e hanno condiviso avventure straordinarie come lo Studio Firma e la Galleria del Deposito. Vita, idee, progetti: come con Tonino Conte, che ricorda l'amico Costantini e il suo «carattere eccezionale». «Era un uomo senza conformismi, allergico alle mode» prosegue Noberini, «infaticabile e lucidissimo: ho un suo testo pronto per la mostra di Vincent Maillard e tanti appunti sui quali lavoreremo con mostre dedicate a Manzoni, a Don Chisciotte: d'altronde l'idea della Biennale di Pinocchio è stata sua». Costantini diceva «ho sempre vissuto e lavorato attorno ai miei limiti», ovvero senza compromessi. E allora forse è questa l'eredità più limpida della sua ricerca: la gioia di lavorare con impegno e libertà.

Ma senza mai scordarsi l'ironia.

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