Cronache

Merlo e Bagnasco giocano per il futuro

Merlo e Bagnasco giocano per il futuro

(...) Il presidente del Porto ha proposto di usare una parte delle aree Ilva di Cornigliano per nuove funzioni alternative alla siderurgia: «C’è un milione di metri quadri a Genova assegnati a un operatore privato perchè c’era un progetto legato all’acciaio. Ma il mondo negli ultimi cinque anni è cambiato sia dal punto di vista della produzione siderurgica, sia del mercato. Il privato ha fatto investimenti rilevanti, ma è arrivato il momento di usare parte di quelle aree con altre funzioni e vocazioni. I candidati se la sentono di ridiscutere l’accordo di programma di Cornigliano? E come? Porto e lavoro sono due parole che avrei voluto sentire di più in campagna elettorale».
E proprio qui sta il punto. Che il Porto sia una ricchezza di Genova mi sembra assolutamente pacifico. Che troppo spesso non ci si accorga di questa verità, come ha giustamente notato il console dei camalli Antonio Benvenuti commentando gli incontri di Marco Doria con i comitati di Voltri, è altrettanto pacifico. E sembra passato un secolo da quando, solo cinque anni fa, la campagna elettorale si giocava fra Marta Vincenzi che propagandava la «città porto» ed Enrico Musso, allora nel Pdl, che parlava di «città portuale». Ribadisco, questa è la partita della vita di Genova. E la Genova migliore l’ha capito. Ora, il punto è farlo capire a tutti.
Ad esempio, uno che l’ha capito bene è il cardinale Bagnasco che l’ha dimostrato per l’ennesima volta ieri mattina durante la messa pasquale celebrata nello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente. Dicendo parole che dimostrano come, da prelato, sia molto più attento ai problemi di lavoro e sviluppo - senza ipotizzare inaccettabili macellerie sociali ma anche senza rimanere legato a un modello di sviluppo ormai superato - di tanta (cattiva) politica genovese: «È vero- ha spiegato il cardinale, che i tempi mutano e le mutazioni della storia sono inarrestabili, con tutto quello che comportano, ma è altrettanto vero che le difficoltà che la storia presenta ciclicamente possono essere superate, che il lavoro per tutti può rimanere ed essere incrementato, come anche la preziosità delle aziende, delle maestranze e delle dirigenze».
Parole sante. E non perchè vengono dal cardinale. Parole sante perchè hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà, senza paure e senza mezzi toni, conciliando diritti, ma non ignorando le leggi del mercato. Del resto, vengono da un uomo che, appena qualche settimana fa, parlando di dottrina e di fede ha fatto l’elogio del «non conformismo», esatto contrario del conformismo nemico della verità. Uno che ha detto che rinunciare alle proprie idee e ai propri ideali è peccato e «il silenzio pavido può equivalere ad un rinnegamento urlato».
Ecco, quel «non conformismo» è il nostro.

Per la vita di Genova.

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