Cronache

Quando il primo amore è un'attrice di Hollywood

E rieccoci con i ricordi. Questa volta sono andato a scartabellare alcuni appunti messi nero su bianco una infinità di anni addietro quando, immobilizzato per uno di quegli strani scherzi che il destino elargisce a piene mani, presi la mia macchina per scrivere (state pensando alla «Lettera 22», vero?). Ma dai, quello era un macinino che andava bene da tenere sulle ginocchia... meglio, allora, la ragazza dei sogni) una «Adler» modello 5 «portatile» che il mio futuro padre, giovanissimo a quel tempo, acquistò nel 1914 e con la quale tra un'imprecazione e l'altra, trascrissi circa tremila pagine di memorie e qualche nostalgia. Naturalmente, quando figlie e nipoti si accorsero di quello che stavo facendo, mi obbligarono a trascrivere il tutto con il computer (altre imprecazioni e qualche cosa d'altro), memorizzando tutto il memorizzabile, affinché i nipotini potessero comprendere quanto fortunati fossero a vivere in un periodo così tecnologicamente avanzato.
Insomma «amori, musica e bricconate, guerra, esperienze, lavaggio» fanno parte di ricordi lontanissimi nel tempo ma sempre attuali. Rammenterò sempre il mio primo, grande, vero amore. L'Amore con «A» maiuscola, che fa palpitare il cuore, dolere lo stomaco e, contemporaneamente, ringraziare il cielo per averti dato l'opportunità di esistere. Una ragazza statunitense, bella e dolcissima, era entrata prepotentemente nella mia giovane vita, sconvolgendola. Si trattava di una conturbante attrice di Hollywood in grado di farmi restare senza respiro al solo guardarla. L'incontro fu casuale, improvviso, inaspettato, un fulmine a cielo sereno, un turbinio di emozioni mai provate prima. Qualcosa di travolgente. Di sublime sensazione di dolcezza e di trepidazione che mi impediva di pensare ad altro che non fosse Lei. Ero rimasto affascinato dal suo modo di proporsi e di offrirsi, dalla sua bellezza, dalla sua bontà, dal meraviglioso dolce sorriso, dagli occhi eccezionalmente belli ed espressivi. Fu un amore intensissimo, ammaliante, appagante ma estremamente breve. Svanì un triste mattino, come per tragica malia e non mi fu possibile rintracciarla. Chiedendo alle persone che normalmente lavoravano in quell'ambiente, venni a sapere che per motivi di noleggi, di lavoro e di costi vi era stato un improvviso trasferimento. Dissero che il mondo della celluloide è avaro, cinico, crudele e nulla viene lasciato alle emozioni. I produttori cinematografici pensano al business, al dio denaro e solo a quello. Inutile dire quanto calpestati sentissi i miei sentimenti, quanto ritenessi ingiusto tale comportamento e quanto mi sentissi male. Soffrii molto, moltissimo ma il tempo è sempre stato un ottimo medico e l'oblio cura più del ricordo. Le delusioni aiutano a rendere più forte il carattere e lo spirito e, quando si è molto giovani, si superano anche momenti molto difficili. Passarono gli anni ed inaspettatamente una sera, sul tardi, la rividi a Williams, negli Stati Uniti, nella dependance di un grazioso motel dove, accompagnato da mia moglie, avevo preso alloggio. Williams è un minuscolo centro abitato dell'Arizona. L'ideale punto di partenza per escursioni verso l'imponente meraviglia della natura chiamata «Grand Canyon» ed è una interessante «cittadina di frontiera» molto frequentata da visitatori in transito, affascinati più dalle enormi bistecche alla griglia servite alla «Steak House», che dalla bellezza selvaggia offerta dall'immenso parco nazionale del Grand Canyon. Eravamo stati a fare un giretto in Main Street (in ogni borgo statunitense ne esiste una) per visitare uno dei paradossali, impossibili, empori del «Far West» americano. Bottegoni che vendono di tutto, dagli attrezzi da lavoro ai cibi precotti, dai trattori agricoli ai gelati, dagli ombrellini da sole ai fertilizzanti, dal filo spinato per recinzioni alla carta igienica, dalle pellicole fotografiche alle vanghe, il tutto disposto in un disordine «ordinato» che disorienta ed affascina. Avevamo comperato qualche piccolo oggetto da regalare a figlie, parenti, amici e ci eravamo avviati al motel. La stanchezza era tanta e pensavamo, dopo un spuntino e una doccia ristoratrice di coricarci (provenivamo da San Diego, in California, e le miglia percorse in macchina erano state parecchie). In una saletta del motel, non molto distante dalla «reception», mi apparve improvvisamente «Lei», la sublime, incantevole ragazza che mi aveva fatto sanguinare il cuore strappandomelo. Era tale e quale. Bellissima, attraente, dolcissima ed in compagnia delle stesso gruppo di artisti. Il tempo, per tutti loro, sembrava si fosse fermato al giorno in cui la vidi per la prima volta. Ebbi un tuffo al cuore ma non provai più quel disperato non so che di un tempo.

La indicai a mia moglie che convenne, con evidente gelosia, che si trattava proprio di una affascinante creatura.

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