Politica

Germania, la scure della Merkel Via 15mila impiegati pubblici

BerlinoPer addolcire la pillola i collaboratori della cancelliera Angela Merkel hanno coniato un’espressione tranquilizzante: cultura della stabilità. Ma è tranquillizzante solo in apparenza perché il contenuto è estremamente amaro per i cittadini della prima potenza economica d’Europa: tagli, risparmi e interventi fiscali per un totale di ben 60 miliardi di euro spalmati nell’arco di sei anni. Insomma la manovra più pesante nella storia della Germania del dopoguerra.
I dettagli saranno annunciati oggi ma le linee generali sono già note. A pagare il prezzo più salato saranno i dipendenti dell’apparato statale. Nei prossimi quattro anni nei ministeri e nei vari uffici della burocrazia federale saranno cancellati 15mila posti di lavoro e per raggiungere questo obiettivo frau Merkel ha lasciato capire che non andrà tanto per il sottile. Gran parte del ridimensionamento degli organici sarà ottenuto attraverso la mancata sostituzione di chi lascia il servizio per raggiunti limiti d’età e il resto, se necessario, con incentivi che accompagneranno il prepensionamento. In complesso l’operazione dovrebbe fruttare alla spesa pubblica un risparmio di 800 milioni di euro. E non è l’unico sacrificio dei dipendenti pubblici. Gli aumenti previsti per il prossimo anno verranno congelati ed è a rischio la tredicesima mensilità.
I sindacati, spalleggiati dall’opposizione rosso-verde, sono già scesi sul piede di guerra ma difficilmente il piano di austerità, che in settimana sarà sottoposto al voto del Bundestag, potrà essere attenuato se non in alcuni aspetti marginali. Tagli e risparmi, ripete da giorni la cancelliera, sono necessari non solo per rispondere a una crisi che va assumendo dimensioni sempre più internazionali ma anche perché le misure di austerità sono volute dalla Costituzione. Una nuova norma della Costituzione tedesca prevede infatti che entro il 2016 il deficit di bilancio non superi lo 0,35%, praticamente il pareggio tra le entrate e le uscite che dovrà essere mantenuto nel tempo. È la cultura della stabilità che attraverso il diktat costituzionale la Germania vorrebbe estendere agli altri Paesi dell’Unione Europea.
L’intesa su come usare le forbici è stata raggiunta dopo una dura trattativa tra le due anime delle coalizione guidata da Angela Merkel: i liberali che chiedevano un ridimensionamento dello Stato sociale e la sinistra della Cdu, il partito della cancelliera, più incline al ricorso allo strumento fiscale. Il risultato sembra più favorevole ai liberali. Ci sarà infatti un giro di vite nell’assegnazione dei sussidi ai disoccupati che in futuro non potranno rifiutare offerte di lavoro a condizione che riguardino la loro categoria, pena la perdita del sussidio, e nell’erogazione degli assegni ai padri che interrompono il lavoro per accudire i figli nei primi diciotto mesi. Due misure che nei prossimi due anni dovrebbero comportare un risparmio complessivo di circa due miliardi e mezzo di euro.
Uno dei punti sui quali lo scontro all’interno della coalizione è stato più duro riguarda i tagli alle forze armate. Le unità della Bundeswehr dovrebbero scendere da 200mila a 150mila, il servizio di leva verrebbe accorciato da un anno a sei mesi, varie caserme dovrebbero essere chiuse e verrebbe annullato l’acquisto di una serie di nuove armi. I cristianosociali, l’anima bavarese della Cdu, si era opposta ma alla fine ha prevalso la posizione di chi ritiene che la stabilità nei conti pubblici serve di più delle armi per combattere le crisi internazionali.
Tagli anche nelle opere pubbliche. Verrà rinviata la ricostruzione dello Stadtschloss, l’antico palazzo reale al centro di Berlino che fu distrutto durante la guerra, un progetto faraonico affidato all’architetto italiano Franco Stella che per il momento dovra aspettare tempi migliori.

Il paese più ricco d’Europa ha deciso di essere il più Sparagnino.

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