Già nel 2003 una legge per le fonti alternative

Il sole, ma anche l’acqua, il vento e la terra: le energie rinnovabili, quelle studiate per evitare il massiccio ricorso ai residui fossili, ricordano un quadro degli elementi. E non solo in teoria: anche la legge, con il decreto numero 387 del dicembre 2003, ne ha dato una definizione, includendo fra le fonti «pulite» l’energia solare, eolica e idraulica, le biomasse e le risorse geotermiche. E, anche, le maree, il moto ondoso in generale, il biogas e i gas di discarica o residui di processi di depurazione. È stata così recepita la direttiva europea 2001/77/CE che, insieme al Libro bianco del 1997 dedicato all’«Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili», costituisce il quadro normativo dell’Unione in materia. L’obiettivo è chiaro quanto ambizioso: raddoppiare la quantità di energia derivante dalle cosiddette «fer» entro il 2010, passando così dal 6 per cento del 1997 al 12% fra cinque anni. Nel nostro Paese è ancora l’idroelettrico, fra le fonti non inquinanti, a farla da padrone; lo sviluppo delle pale eoliche procede fra mille polemiche: ne sono contestate l’efficienza e, anche, l’impatto ambientale.

L’energia ricavata dal sole si diffonde, secondo una duplice direzione: i pannelli fotovoltaici per produrre elettricità e il solare termico ad alta temperatura, che sfrutta i raggi per generare vapore e attivare così le turbine. Il solare viene utilizzato per gli impianti domestici, ma non solo: si può applicare anche sui tetti dei parcheggi, per i lampioni stradali e anche per le lampade galleggianti.

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