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Il giallo della morte del bandito Giuliano continua: serve un altro test del Dna

Il primo esame sulla salma riesumata non scioglie i dubbi sull'identità dell'uomo che da 60 anni riposa nel cimitero di Montelepre. Il profilo genetico è compatibile con quello del nipote del leggendario personaggio, ma la Procura sospetta possa trattarsi di un parente

È un giallo senza fine. Un giallo che dura da 60 anni e che come per una maledizione sembra non volersi chiudere. Sarà effettuato un nuovo test del Dna sulle spoglie riesumate di quello che per oltre mezzo secolo si è creduto essere il bandito Salvatore Giuliano. Il primo esame, disposto dalla Procura di Palermo che ha riaperto il caso dopo che da diverse testimonianze è venuta fuori l'ipotesi che il bandito in realtà non sia morto il 5 luglio del 1950 ma sia stato aiutato a fuggire spacciando per lui morto un suo sosia, non ha sciolto definitivamente i dubbi: il profilo genetico è sì compatibile con quello del nipote di Giuliano, Giuseppe Sciortino. Ma potrebbe anche trattarsi di un parente. Insomma, la leggenda del bandito aiutato a fuggire negli Stati Uniti potrebbe ancora avere un fondamento. Di qui il nuovo test del Dna, su materiale genetico dello stesso Salvatore Giuliano: per tagliare la testa al toro e stabilire in via definitiva chi sia quel morto riesumato.
«Di sicuro c'è solo che è morto», scriveva all'epoca del delitto sull'Europeo in un reportage diventato celebre Tommaso Besozzi, sottolineando già 60 anni fa tutte le incongruenze di quello che sin dall'inizio era apparso sembrato un omicidio anomalo. Il cadavere del bandito Giuliano ucciso, mostrato ai giornalisti il 5 luglio del 1950 e ritratto in cortile Di Maria a Castelvetrano (Trapani), ha suscitato dubbi sin dall'inizio: troppo fresco quel sangue per appartenere a un uomo che in piena estate, in Sicilia, era stato sul selciato per ore e ore; troppe incongruenze tra le ferite che si vedono nella foto del cadavere in quel cortile e quelle del cadavere ritratto all'obitorio. Giuliano, all'epoca del ritrovamento, era accusato della strage di Portella della Ginestra, l'eccidio del 1 maggio del 1947 sul quale tuttora vige il segreto di Stato, che cadrà nel 2016.
Negli ultimi anni si sono alimentate le leggende sul personaggio. Non ultima, quella raccontata dal nipote Giuseppe Sciortino in un libro, «Via d'inferno. Cause ed affetti». Il nipote infatti ha raccontato che ai giornalisti fu mostrato in realtà il cadavere di un sosia e che il vero Salvatore Giuliano sarebbe stato aiutato a fuggire e sarebbe morto solo qualche anno fa ultraottantenne, dopo essere tornato per due volte nella sua Montelepre. Di qui la riapertura dell'indagine, disposta dalla Procura di Palermo. E ora, dopo il primo test, i nuovi esami. «I consulenti - spiega il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia - hanno chiesto di potere eseguire ulteriori accertamenti per poter prelevare il Dna personale di Salvatore Giuliano». I medici legali sono stati in grado di accertare «che esiste una parentela tra il cadavere e Giuseppe Sciortino», ma «non è possibile accertare se si tratti di una parentela vicina o lontana. È necessario - aggiunge Ingroia -il confronto diretto con degli effetti personali di Giuliano, perché soltanto così potremo sapere se il cadavere riesumato è quello di Salvatore Giuliano».

Insomma, dopo 60 anni, il mistero continua.

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