Politica

A Gianfranco il ko non basta: pronto a lanciare un’offensiva tv

Domani sarà ospite di Lucia Annunziata a "In 1/2 h" su Raitre. E martedì dovrebbe intervenire a "Ballarò" con un’intervista registrata

A Gianfranco il ko non basta: pronto a lanciare un’offensiva tv

Roma Dal ring del Pdl al divano è un attimo. Ed è pure fisiologico, quando l’adrenalina va giù in picchiata. E allora: «Attendere, prego», è la linea dei finiani nel day after. Ancora un po’ storditi, dopo lo strappo plateale in diretta tv, ma in parte fiduciosi nel lavoro dei pontieri: «I margini per una ricomposizione, seppur parziale, ci sono ancora». Ma basterà la mediazione di Gianni Letta e Andrea Ronchi, ad esempio, per ricucire davvero il rapporto politico (su quello umano non si scommette neppure un centesimo) tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini? Tra gli uomini del leader di minoranza nessuno si sbilancia, salvo valutare con «favore strategico» le parole del Senatùr alla Padania. Al di là dell’attacco personale, il ragionamento suona così: «Se Umberto Bossi arriva a parlare di un possibile crollo verticale dell’alleanza, vuol dire che il peso di Fini non è così insignificante come vuole far credere Berlusconi».
Chi intanto continua a mostrare il proprio ottimismo è Amedeo Laboccetta: «Dopo la bufera torna sempre il sereno e mi auguro che Dio illumini tutti quanti noi». Ma se si torna a questioni terrene, il rischio di imboscate rimane sempre dietro l’angolo, in particolar modo sui provvedimenti legati alla giustizia (intercettazioni, nuovo Lodo Alfano, processo breve). Nell’attesa, però, la prima mossa di Fini (che si presenterà spesso nei prossimi giorni davanti alle telecamere) è low profile, prudente, magari perché cosciente di avere i riflettori puntati addosso. E da Firenze, dall’Auditorium dell’Istituto Stensen dei gesuiti (disertato dagli ex An, un solo finiano presente), commenta così i fatti di giovedì: «Tutto bene, dopo un’ora e mezzo di dibattito».
Si esprime a lungo invece sul capitolo riforme, riconoscendo l’apertura del Cavaliere: «Credo sia un fatto positivo che il premier abbia detto che è opportuno farle con il più largo consenso possibile in Parlamento». In ogni caso, su quelle istituzionali, «ognuno deve rinunciare a piantare la propria bandiera». E l’intera classe politica dovrebbe «evitare l’atteggiamento un po’ provinciale di guardare a questo o a quel Paese per cercare modelli all’estero». Fini, che lunedì riunirà di nuovo i suoi fedelissimi alla Camera - domani sarà in tv da Lucia Annunziata a In 1/2 h, mentre per martedì sta preparando un’intervista registrata per Ballarò, in modo da raccontare di persona agli italiani cosa è successo, perché «se non ci possono andare i miei, vorrà dire che ci andrò io a parlare di politica», avrebbe spiegato - torna pure sul nodo della legge elettorale. «Credo che l’uninominale sia la soluzione migliore, quella che garantisce di più» i cittadini, afferma la terza carica dello Stato, perché «ci si candida e ci si confronta con gli elettori in base ai programmi e alle rispettive credibilità personali». Sulla reintroduzione delle preferenze, però, il presidente della Camera esprime perplessità: «Non sono così convinto che sia una panacea», furono abolite perché «si prese coscienza dei guasti che provocava, moltiplicava i costi ed esponeva i candidati a qualche tentazione».
A favorire invece la legalità può essere una politica «trasparente, che cerchi consenso non in ragione delle clientele ma dei valori e dei comportamenti».

Inevitabile un passaggio sull’immigrazione: «Affrontando la questione in modo provinciale e propagandistico, si rischia di non andare molto lontani, perché si tratta di temi destinati a cambiare il volto delle nostre società occidentali».

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