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Giustizia: il nuovo nodo della prescrizione, tra governo e parlamento

Ecco come cambia la giustizia con la modifica voluta da Renzi e Orlando

Giustizia: il nuovo nodo della prescrizione, tra governo e parlamento

Era al punto 9 delle 12 linee guida sulla giustizia presentate quest'estate dal governo. Adesso la riforma della prescrizione può iniziare il suo cammino in parlamento, per evitare che in Italia continuino a finire nel nulla più di un milione e mezzo di processi com'è stato negli ultimi 10 anni. Ma rischia anche di essere un altro elemento di divisione tra forze politiche e governo.

Il punto è: quando far scattare lo stop della prescrizione, dal rinvio a giudizio o dalla sentenza di primo grado? Le nuove regole dovranno valere anche per i processi in corso? E come evitare che l'allungamento della prescrizione contrasti con il principio costituzionale della giusta durata dei processi?

Sul banco degli accusati c'è la ex Cirielli, che nel 2005 ha tagliato i termini di prescrizione. Per il governo, l'impianto è valido e va mantenuto mentre l'Anm ne vorrebbe «una ristrutturazione radicale».

La modifica voluta da Renzi e Orlando bloccherebbe la decorrenza della prescrizione per massimo 2 anni dopo la condanna di primo grado e per massimo un anno dopo quella di appello.

Il pacchetto sul processo penale, che contiene la delicata questione, è stato approvato a Palazzo Chigi a fine agosto e non è mai arrivato in parlamento, dove invece la commissione Giustizia della Camera ha iniziato a discutere le tre proposte presentate da Pd, M5S e Sc.

Una situazione che si è già verificata su responsabilità civile e autoriciclaggio.

Ieri sera non era nell'ordine del giorno del consiglio dei ministri, ma si sa che il governo deve decidere sul possibile stralcio delle modifiche al codice penale in materia di prescrizione di reati, per farne un ddl o un emendamento autonomo, in modo da agganciare le norme al testo unificato che il 16 dicembre sarà approvato dalla Commissione di Montecitorio. L'altra ipotesi è quella di trasmettere la riforma penale al parlamento, lasciando ai deputati il compito di stralciare le norme sulla precrizione.

Nella riunione a Palazzo Chigi, i ministri avevano sul tavolo anche il decreto legislativo sulla non punibilità delle condotte di lieve entità, quello per la revisione di estradizione e rogatorie e la riapprovazione della delega per la riforma del processo civile.

Tutte norme che si legano tra loro e riguardano i tempi della giustizia.Per il viceministro della Giustizia Enrico Costa, se si interviene sulla prescrizione, «bisogna procedere sulla strada della depenalizzazione per tenuità del fatto» e lavorare sul processo «per evitare tempi morti».
Il testo del governo prevede che vengano archiviati per tenuità del fatto tutti i reati con pena detentiva sotto i 5 anni o con sanzione pecuniaria, compresi reati contro il patrimonio, come furto semplice, danneggiamento, truffa, ma anche violenza privata o minaccia per far commettere un reato.

L'archiviazione può scattare in ogni fase del procedimento, ma si prevede soprattutto in fase di indagini preliminari. Entro 10 giorni si la vittima può opporsi e decide il gip, ma può sempre chiedere i danni.

Proprio oggi la Commissione della Camera riprende l'esame delle proposte di legge sulla prescrizione e i due relatori sono Dambruoso di Sci e Amoddio del Pd.

Secondo i dati della Direzione generale statistiche del Ministero della Giustizia, forniti da Costa, tra 2004 e 2013 i procedimenti penali chiusi con prescrizione sono stati per l'esattezza 1.552.435. Dal 2004 al 2012 le cifre hanno visto, nel complesso, un decremento: da 219.146 a 113.057. Preoccupa il balzo a 123.078 del 2013, «con 10mila prescrizioni in più sull'anno prima», fa notare il viceministro alla Giustizia di Ncd.

Ma l'aspetto centrale è un altro: «Oltre il 70% delle prescrizioni - sottolinea Costa-si determina in fase di indagini preliminari. I provvedimenti del gip sono stati 1.134.259: il 73% del totale. A questi si aggiungono le 63.892 sentenze di avvenuta prescrizione emesse dai Gup. La quota restante è spalmata tra tribunali (209.576), corti d'appello (131.856), Cassazione (3.293) e giudici di pace (9.

559).

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