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Dalle intercettazioni all'abuso d'ufficio: la riforma della giustizia è pronta

Domani il Consiglio dei ministri esaminerà il pacchetto di misure sulla giustizia. Stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, tutela dell'indagato, custodia cautelare: cosa contiene la bozza

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Dallo staff del ministro Carlo Nordio lo descrivono come il "miglior omaggio che possiamo fare a Silvio Berlusconi", che da sempre si era battuto per partorire in Italia una riforma della giustizia che si basi su principi liberali e garantisti. Da giorni il governo aveva deciso di accelerare e ora, in seguito alla morte del Cav, si vuole procedere in questa direzione ancora con più determinazione. Il testo è pronto e verrà esaminato domani dal Consiglio dei ministri. Dalle intercettazioni all'abuso d'ufficio: ecco cosa può cambiare.

La stretta sulle intercettazioni

Un punto importante riguarda la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni. La volontà dell'esecutivo è quella di mettere un muro sugli atti che si possono pubblicare solo a indagine conclusa, estendendo la tutela al destinatario degli atti: stando a quanto appreso e riferito dall'Ansa, la bozza prevede che potranno finire sui giornali e sui siti solamente quelle il cui contenuto sia "riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento".

Tra gli interventi previsti rientra anche una modifica all'informazione di garanzia, che dovrà contenere una "descrizione sommaria del fatto". A tal proposito si intende evitare la gogna mediatica a cui a volte l'indagato viene esposto, vedendo il suo nome spiattellato praticamente ovunque anche dopo una sola informazione di garanzia: il testo iniziale stabilisce che la notificazione debba avvenire "con modalità che tutelino l'indagato da ogni conseguenza impropria".

Stop all'abuso d'ufficio

Si va verso l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio. Nella relazione che accompagna la bozza si legge che si tratta di una vera e propria "anomalia": la tesi è accompagnata da una sottolineatura sullo squilibrio tra iscrizioni della notizia di reato e decisioni di merito, "rimasto costante anche dopo le modifiche volte a ricondurre la fattispecie entro più rigorosi criteri descrittivi". È trasversale la richiesta di porre fine alla cosiddetta paura della firma che spesso rallenta le procedure amministrative.

Si forniscono anche dati ben precisi, annotando che il numero di iscrizioni nel registro degli indagati rimane ancora alto: 4.745 nel 2021 e 3.938 nel 2022 (e alla rilevazione mancano sei uffici); di questi procedimenti, 4.121 sono stati archiviati nel 2021 e 3.536 nel 2022. Un quadro che è "indicativo" di una "anomalia" che ha portato alla scelta proposta con il disegno di legge in questione.

La custodia cautelare

A finire al centro di una revisione sono anche le misure di custodia cautelare: a meno che non sussista il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, dovrebbe essere necessario l'interrogatorio di garanzia dell'indagato. Secondo quanto reso noto dall'Adnkronos la decisione, nel caso della custodia cautelare in carcere, dovrebbe essere affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici.

Viene così proposta l'estensione del contraddittorio preventivo e la collegialità nella decisione sulla richiesta di applicazione della custodia in carcere in fase di indagini. In tal modo verrebbe introdotto il principio del contradditorio preventivo "in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato 'a sorpresa'". Si vuole non solo evitare un "effetto dirompente" sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva, ma anche mettere il giudice nelle condizioni di poter avere "un'interlocuzione, e anche un contatto diretto, con l'indagato prima dell'adozione della misura".

Il traffico di influenze illecite

Sul fronte del traffico di influenze illecite si dovrebbe assistere alla riduzione dell'ambito applicativo, limitando il reato a "condotte particolarmente gravi". Quanto alle sanzioni, si dovrebbe elevare il minimo edittale della pena "sul quale nella prassi sono sovente parametrate le condanne". Per l'Adnkronos le pene potrebbero andare da un anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi.

I limiti ai pm per l'appello

Con un ulteriore capitolo si ridisegna il potere d'impugnazione del pubblico ministero: si vuole escludere che l'organo dell'accusa "possa proporre appello rispetto a sentenze di proscioglimento relative a reati di contenuta gravità".

Comunque restano appellabili le decisioni di assoluzione per i reati più gravi, "compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale, tra i quali sono ricompresi i reati cosiddetti da codice rosso".

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