Politica

Il gran rifiuto di Fiorello: no alla laurea ad honorem

L’annuncio in diretta radiofonica: «Sogno di diventare un vero dottore»

Cristiano Gatti

È confermato: i grandi giullari sono le persone più serie. Ridendo e scherzando, tra un'imitazione di Nanni Moretti e una cantata in compagnia, il miglior giullare d'Italia - Fiorello, e chi se no? - impartisce via radio una sonora lezione a questa strana nazione di dottori senza libri. Basta il gesto: mentre divampa nelle Università italiane la moda di concedere la laurea honoris causa a nani e ballerine, trasformando un antico e solenne riconoscimento accademico in una ruffiana operazione di bassa pubblicità, il mattatore che ha studiato nei villaggi turistici cortesemente dice no.
La storia, che va doverosamente raccontata, è nascosta tra le pieghe del più bel programma italiano di intrattenimento: Viva Radio2. Qui, tutti i pomeriggi feriali, Fiorello libera il purosangue che alberga in fondo al suo animo d'artista e ne combina d'ogni genere. Un'ora e un quarto d'alta scuola, tra imitazioni, canti, lazzi e tutto quanto il resto. Per una volta, la definizione più sfruttata del nostro gergo culturale risponde ad un'effettiva realtà: siamo di fronte a un vero programma cult.
Non solo per questo, ma certamente anche per questo, la giovane Università della musica e dello spettacolo di Imperia (un nuovo Dams) si sente in dovere di concedere a Fiorello la laurea honoris causa. Diciamolo serenamente: se c'è un italiano che davvero può dirsi maestro di spettacolo, questi risulta corrispondere al nome di Rosario Fiorello. Non c'è nulla di scandaloso, né tanto meno di provocatorio e di eccentrico, nell'iniziativa di Imperia. Nessuno avrebbe nulla da ridire. Nessuno, tranne l'interessato.
L'altro giorno, tutto in diretta. È lo stesso direttore RadioRai, Sergio Valzania, ad entrare direttamente in trasmissione per spiegare al signor Fiorello, che sta duettando col fedele compagno di merende Marco Baldini, cosa intendano dire quei fogli intestati «Università di Imperia» trovati sul tavolo: «Hanno deciso di concederti la laurea honoris causa. L'anno prossimo sarai dottore». Come Vasco Rossi, come Valentino Rossi. Come usa in un mondo accademico ormai succube dello star-system.
Ma è di fronte a questo annuncio che il tono della trasmissione, stabilmente imperniato sulla comicità allo stato brado, cambia drasticamente registro. Fiorello si fa molto serio: «No, calma, fermi tutti. Non scherziamo. Io ringrazio, è un pensiero molto bello. Però non posso accettare. Cercate di capire...».
Potrebbe passare per un tizio che fa il prezioso e lo snob. Ma il gesto viene subito accompagnato da una motivazione molto semplice, che come tutte le cose più semplici si porta dietro il pregio di suonare rivoluzionaria e anticonformista. Sono le parole che da troppo tempo, in giro per l'Italia, tanti ragazzi e tanti genitori impegnati nella fatica (e nei sacrifici) dello studio universitario vorrebbero sentir pronunciare, soprattutto da parte di chi ha preso questa bella abitudine di regalare lauree al bel mondo dei mondani (quando un dottorato al trionfatore della Fattoria?). Poche, sobrie, doverose parole. Che in Italia soltanto un saggio, onesto, serio giullare poteva dire via radio, durante un programma comico. Sincere parole da uomo giusto. «Sì, ringrazio per il pensiero. Ma non posso accettarlo, per rispetto di tutti quelli che ogni giorno si fanno un mazzo così, sognando di arrivare alla laurea vera».
Fiorello è un divo strano. Un divo antidivo. Rispetto a tanti suoi colleghi, che al primo share di un certo livello entrano immediatamente nella rovinosa fase ieratica, non insegue finalità messianiche, né ambizioni salvifiche. Nei suoi programmi non coltiva l'ambizione di rigenerare l'umanità, come un Bonolis, né sogna di entrare nella schiera degli angeli vendicatori, come la prole Guzzanti. Semplicemente si diverte facendo il suo lavoro. Fa ridere perché sa ridere. Il talento è sicuramente da laurea vera.

Ma il no alla laurea finta dovrebbe valere un'altra onorificenza, forse meno solenne, certamente più vera: la stima del suo Paese.

Commenti