Cultura e Spettacoli

La grande rivincita della pittura dell'Ottocento italiano

Un libro di Silvestra Bietoletti e Michele Dantini (Editore Giunti) ripercorre la storia, gli artisti e le opere di una tradizione artistica che sta tornando in auge

«L'Ottocento Italiano - La Storia, Gli Artisti Le Opere» (Giunti, pagg 386, 29 euro), ancor prima di essere un gran bel libro d'arte, è un volume di grande «attualità». Già, perché nel suo lento ma costante processo di affrancamento dall'ingombrante sudditanza impressionistica francese, l'Ottocento italiano rappresenta oggi un dato di «cronaca» di particolarmente per collezionisti, galleristi, studiosi o semplici appassionati. A tutti questi la ricerca di Silvestra Bietoletti e Michele Dantini si rivolge puntando i fari su un secolo di grandi artisti: da Hayez a Boldini, da Segantini a Fattori, da Previati a Pellizza da Volpedo. Ma l'800 è anche il secolo della Scapigliatura, dei Macchiaioli, del Divisionismo e del Simbolismo, degli Orientalisti, dei Vedutisti, delle Scuole di Posillipo, di Resina, di Carcare, tanto per citarne qualcuna. Il volume, il primo ampiamente illustrato sulla pittura italiana dell'Ottocento, è strutturato in tre parti, ciascuna preceduta da un saggio introduttivo che valuta artisti e movimenti nel più ampio contesto dell'arte europea. Ognuna delle tre parti del volume («Dall'Impero al Quarantotto»; «I decenni del Risorgimento»; «Gli anni dell'Unità») analizza le biografie degli artisti (oltre cento), presentati ciascuno con il proprio ritratto e le opere più importanti.
«L'Ottocento Italiano» è introdotto da un profilo storico artistico che valuta pittori e movimenti nell'ambito della geografia culturale italiana e nel più ampio contesto dell'arte europea; documenta inoltre i rapporti con le gallerie, le diverse opportunità espositive e commerciali, il rinnovato interesse per l'Africa e l'Estremo Oriente. Seguono tre sezioni dedicate agli artisti e alle loro opere, che illustrano i stili, le tematiche e le conessioni con altri generi figurativi.
Ma perché quello della coppia Bietoletti-Dantini è anche un - come dicevamo all'inzio - di grande «cronaca» e «attualità». Perché il libro fotografa anche una tendenza - un trend, per usare un termine inutilmente alla moda - che rischia di sconvolgere vecchi luoghi comuni diffusi nel mercato dell'arte. Da qualche anno a questa parte, infatti, nelle grandi capitale europee (Londra docet) gli «antichi» stanno andati meglio di «moderni» e dei «contemporanei». E così, alla grande, torna alla ribalta anche il meglio su dell'Ottocento italiano. Intato anche a Milano, da Sotheby' s, spesso e volentieri vengono battuti con successo i nostri grandi pittori del XIX secolo.
E i collezionisti americani? Fanno shopping in Europa. Dopo il forte riallineamento al ribasso nelle quotazioni delle aste newyorchesi di moderna e contemporanea, ecco quindi spuntare il segmento del mercato più resistente alla crisi. Le aste di pittura antica di Londra vanno meglio del previsto. Clamorosi gli esempi relativi alle principalei aste 2008 nel corso delle quali molti dei top-price antichi sono stati acquistati da collezionisti americani. Come - da Sotheby' s - il «Ritratto di Bindo Altoviti» ad opera di Girolamo Da Carpi che da 200-300 mila sterline della stima è stato venduto per oltre 3 milioni. Mentre un dealer londinese si è aggiudicato il capolavoro di Fans van Mieris il vecchio battuto a 3.625.250. Da Christie' s dei due Canaletto milionari offerti, solo uno è stato aggiudicato (a 3.849.250 sterline meno della stima minima). Mentre lo stupendo Giambattista Tiepolo riscoperto («Ritratto di signora nelle vesti di Flora») da 700-900 mila è schizzato al prezzo finale di 2.841.250 sterline. E la bella tela del parigino Simon Vouet, «The Rest on the Flight into Egypt» partita da 120 mila si è fermata a 349.250. Molto significativo anche un altro record questa volta raggiunto a Parigi nell'asta Sotheby' s dedicata agli impressionisti e raggiunto da un disegno di George Seurat stimato 750 mila ma aggiudicato (ancora a un collezionista americano) a circa 5 milioni di euro.

Cifre ancora stratosferiche per i «Seurat» del nostro Ottocento, alcuni dei quali, però, non hanno nulla da imparate dai più celebrati (e massimamente «pubblicizzati) maestri francesi.

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