Guerra in Israele

Blitz coi droni e strike mirati: l'ombra di una guerra tra Usa e Iran

Washington manda il primo segnale alla Repubblica islamica con un doppio strike in Siria. Ma tra i due Paesi è in corso un confronto ombra già da molto tempo

Blitz coi droni e strike mirati: l'ombra di una guerra tra Usa e Iran

Un doppio raid notturno chirurgico nell'est della Siria. Gli Usa hanno risposto così agli attacchi delle milizie iraniane contro avamposti americani in Medio Oriente. La conferma è arrivata dallo stesso Pentagono. Il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha spiegato che il raid è stato una risposta "agli attacchi portati avanti da gruppi sostenuti dall'Iran nei confronti di personale americano in Iraq e in Siria". La difesa Usa ha parlato apertamente di "attacchi di precisione di autodifesa".

Nel mirino sono finiti dei proxy collegati a Teheran, milizie sciite armate e vicine ai Pasdaran. Il blitz è avvenuto con un paio di caccia F-16 che, con bombe di precisione, hanno centrato strutture di stoccaggio di missili e armi nei pressi del centro di Bukamal.

Commentando gli attacchi, Austin ha aggiunto che l'operazione americana non ha come obiettivo quello di allargare le ostilità. Ma ha anche ribadito che "se gli attacchi iraniani contro le forze statunitensi continueranno, non esiteremo a prendere le misure necessarie per proteggere il nostro popolo". L'intervento del capo del Pentagono fa seguito alle parole di Joe Biden, che un paio di giorni fa aveva ammonito proprio Teheran: "Questo è il mio avvertimento all'ayatollah: se continueranno ad attaccarci, reagiremo".

Una risposta agli attacchi di Teheran

Lo strike americano è arrivato dopo che lo stesso Pentagono aveva confermato come oltre una ventina di soldati ha subito ferite lievi a causa di un attacco coi droni realizzato dalle milizie filo iraniane contro installazioni militari Usa. Un addetto stampa del Pentagono, il generale di brigata Patrick Ryder, ha spiegato che negli ultimi dieci giorni diversi avamposti americani in Medio Oriente sono finiti sotto tiro. Secondo gli ultimi dati, 12 avrebbero colpito truppe americane in Iraq e quattro in Siria. L'ultima base finita nel mirino sarebbe quella di Erbil, nel Kurdistan iracheno.

Fonti dell'esercito hanno usato toni preoccupanti parlando con il Washington Post: "Le nostre prerogative non sono cambiate e puntano a progettare i nostri uomini". "Ma", aggiungono, "non siamo ciechi al fatto che ci sono altre forze al lavoro, e vogliamo essere informati su cosa succede nella regione". Qualche giorno fa il Wall Street Journal ha sottolineato come l'offensiva di Israele su Gaza sia ancora in stand by proprio per la richiesta americana di ritardare ogni attacco in attesa che venga dispiegato uno "scudo", a base di sistemi Thaad e Patriot, per proteggere le proprie infrastrutture in tutto il Medio Oriente; dispiegamento da completare entro la fine della settimana. Voci della Difesa Usa negli ultimi giorni hanno rimarcato che i segnali per un'escalation contro personale americano nel Medio Oriente sono sempre più forti.

Le milizie vicine alla Repubblica degli Ayatollah hanno quasi sempre rivendicato gli attacchi. In particolare una formazione detta "Resistenza islamica" ha confermato su Telegram di aver attaccato due basi Usa, una nell'ovest dell'Iraq e l'altra nel Nord Est della Siria, ad Abu Hajar, nei pressi di Rmelan, nella regione di Hasaka. In particolare la seconda sarebbe finita nel mirino di almeno cinque razzi. Ieri il gruppo ha anche rivendicato un attacco contro contro la base di Al-Asad, nella regione irachena di Anbar, che ospita forze Usa e irachene.

Il ruolo dell'escalation tra Israele e Hamas

L'attacco di Hamas del 7 ottobre è stato il detonatore per una violenza generalizzata nella regione. I blitz contro gli avamposti americani e la relativa risposta coi raid in Siria rimangono collegati a quanto sta succedendo tra Hamas e Israele. Ne è convinto Hassan Mneimneh, un esperto di Medio Oriente e Nord Africa presso il Middle East Institute di Washington. Parlando con Al Jazeera ha spiegato che le operazioni Usa in Siria non possano essere considerati separati dalla guerra dello Stato ebraico in Medio Oriente: "Ciò di cui possiamo parlare è il fatto che abbiamo incertezza da parte di Washington riguardo le intenzioni di Teheran e, a sua volta, incertezza a Teheran riguardo alle intenzioni di Washington". "Se l'Iran è certo che questa guerra sta arrivando allora potrebbero decidere di agire in anticipo, prima di essere annientati da Stati Uniti e Israele. Ma non siamo ancora arrivati a questo punto".

La guerra ombra

In realtà, al di là dell'escalation tra Israele e Hamas, da tempo Washington e Teheran si combattono a colpi di raid. L'Iran, tra Iraq e Siria, "gestisce" una manciata di milizie che usa come braccio armato e che coordina grazie a operativi dei Guardiani della Rivoluzione: i Pasdaran. Gli Usa, anche dopo la caduta del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, non hanno mai smantellato la Coalizione globale anti Isis, il dispositivo varato dall'amministrazione Obama nel 2014 per combattere i tagliagole delle bandiere nere. Quella coalizione ha continuato a colpire nella regione, tra Iraq, Somalia e Afghanistan. Ma i target designati non sono stati solo i miliziani di Al Qaeda e Daesh, ma pure forze iraniane.

Nonostante i dati siano incompleti e parziali, i pattern di azione rimangono significativi: nel mirino oltre ai miliziani sciiti sono finiti operativi iraniani come le forze Quds. Stando ai dati dell'Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled) tra il 2021 e 2023 il numero di raid contro obiettivi iraniani in Siria è andato aumentando. La zona in cui gli americani hanno martellato di più è lungo la dorsale orientale, che separa i territori controllati dal governo di Damasco con quelli nelle mani della coalizione a guida curda asserragliata a Est dell'Eufrate.

In questa guerra a colpi di raid partecipa da tempo anche Israele che in modo complementare colpisce obiettivi legati al regime di Teheran nei settori occidentali, in particolare intorno alla capitale siriana, nel triangolo Hama, Latakia e Homs e più a nord verso Aleppo.

Da settimane gli Usa frenano Tel Aviv e i propositi di una vasta operazione sulla Striscia.

Da un lato Washington ha bisogno di tempo per puntellare il suo scudo missilistico nella regione, ma dall'altro sa che l'occupazione di Gaza da parte dei tank israeliani potrebbe scatenare un 'effetto domino portando Teheran al centro di una resa dei conti che renderà questa guerra ombra ben visibile alla luce del sole.

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