Guerra in Israele

Israele, paura per gli ostaggi: perché Hamas potrebbe usarli come scudi umani

L'opinione pubblica israeliana incalza e vuole rivedere gli ostaggi rapiti da Hamas sani e salvi a casa: ma questo potrebbe impattare sui piani dell'operazione di terra dentro la Striscia

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Le immagini dei rapimenti sono le più drammatiche testimonianze degli orrori avvenuti sabato nel sud di Israele. Ragazze prese in ostaggio davanti ai propri familiari, mamme con i propri bambini caricate a forza dentro camionette con attorno decine di miliziani di Hamas a lanciare insulti e sputi. Poi le macabre umiliazioni delle persone trascinate via da casa ed esposte alla gogna della folla tra le vie di Gaza. Video orribili su cui adesso però, secondo i parenti delle vittime, non deve calare il silenzio.

Le famiglie dei rapiti rivogliono i propri cari a casa sani e salvi. Hanno creato un comitato formato da almeno 900 persone: si tratta di parenti, amici stretti, vicini di casa, affetti più cari di chi in questo momento è detenuto in qualche improvvisata prigione dentro la Striscia. I combattenti di Hamas sono ben consapevoli di come l'opinione pubblica israeliana prema per rivedere tutti liberi. Da qui l'atroce ipotesi secondo cui i miliziani potrebbero usare gli ostaggi come scudi umani. L'esercito israeliano potrebbe infatti tardare le operazioni di terra per evitare più gravi conseguenze alle persone rapite.

La pressione delle famiglie

In tv alcuni esponenti del comitato dei familiari trattenuti in ostaggio a Gaza ieri hanno fatto sentire la propria voce. Alle autorità dello Stato ebraico hanno chiesto soprattutto chiarezza. Sapere cioè quali sono le intenzioni dell'esecutivo di Benjamin Netanyahu: se lavorare per riportare tutti a casa oppure se iniziare da subito un'operazione via terra. In quest'ultimo caso le speranze di rivedere vivi gli ostaggi sarebbero minime.

Alcuni esponenti di Hamas già nella giornata di sabato hanno dichiarato di aver sistemato molti ostaggi all'interno dei tunnel di Gaza. Gli stessi più volte presi di mira dall'esercito israeliano in passato, in quanto utilizzati come depositi per le armi oppure come veri e propri bunker degli esponenti di spicco del movimento islamista.

Se fossero vere queste indiscrezioni, le persone rapite potrebbero quindi essere utilizzate come scudi umani. Nel caso di operazioni di terra, gli ordigni israeliani potrebbero colpire i locali in cui sono stati rinchiusi gli ostaggi. Non solo, ma Hamas e gli altri gruppi palestinesi attivi nella Striscia hanno palesato anche l'intenzione di usare i civili rapiti come pedine di scambio: in caso di guerra aperta all'interno di Gaza, la vendetta dei miliziani potrebbe scatenarsi proprio sugli inermi ostaggi. Senza prospettive di accordi infatti, Hamas e la Jihad Islamica non avrebbero più interesse a tenere in vita i prigionieri.

Le famiglie degli ostaggi però non vogliono rassegnarsi. I loro appelli hanno come obiettivo quello di compattare l'opinione pubblica a favore della liberazione dei propri cari. Riavere a casa gli affetti cioè dovrebbe rappresentare, secondo i promotori del comitato, la vera priorità del governo. Anche perché Israele ha una lunga tradizione di operazioni militari e diplomatiche avviate per riportare a casa anche singoli ostaggi. Nel 2011, per liberare il soldato Gilad Shalit sono stati rilasciati oltre 1000 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.

L'incertezza di Netanyahu

I familiari chiedono chiarezza al governo, ma il vero problema è che forse nemmeno lo stesso Netanyahu al momento ha preso una netta decisione. Anche perché la pressione relativa agli ostaggi non arriva solo dall'opinione pubblica interna, ma anche internazionale. Tra gli oltre cento rapiti, il numero ancora non è definitivo e si sta cercando di stabilirlo ufficialmente, non ci sono solo israeliani ma anche francesi, statunitensi, tedeschi, canadesi e thailandesi.

Da un lato, il premier è consapevole della necessità di sferrare un importante colpo militare contro Hamas: dopo l'incursione di sabato e la dichiarazione dello stato di guerra, la via in tal senso appare segnata. Ma dall'altro, Netanyahu ha anche ben presente l'effetto che avrebbe sull'opinione pubblica l'abbandono degli ostaggi. Familiari e cittadini chiederebbero conto e ragione del perché di una simile decisione.

Qualcosa dunque andrà fatta.

La stampa locale ha rivelato che l'ex generale Gal Hirsh è stato nominato dallo stesso Netanyahu a capo di una commissione ad hoc per occuparsi degli ostaggi. A lui il mandato di studiare al meglio la situazione e capire quali mosse attuare. Nessuno però si illude, né tra i parenti e né tra le autorità: per capire come andrà a finire occorrerà ancora molto tempo.

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