Guerra in Ucraina

Se Mosca teme pure storia e filosofia

Donald Trump si sente vicino alla Casa Bianca, torna a chiamare "delinquenti" gli alleati europei della Nato e incoraggia la Russia (testuale) "a fare loro l'accidente che vogliono"

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Donald Trump si sente vicino alla Casa Bianca, torna a chiamare «delinquenti» gli alleati europei della Nato e incoraggia la Russia (testuale) «a fare loro l'accidente che vogliono», cioè a pianificare la loro aggressione. Al Cremlino si fregano le mani per tanta follia di un leader politico degli Stati Uniti, accendono ceri per la sua rielezione il prossimo novembre e traggono, senza perder troppo tempo, prevedibili conseguenze: visto che il probabile futuro inquilino della Casa Bianca ci spiana la strada, percorriamola. Così, ecco pronto l'annuncio minaccioso di Mosca: la premier dell'Estonia Kaja Kallas è ufficialmente iscritta nella lista dei ricercati dalla giustizia russa «per atti ostili».

E quali sarebbero questi atti ostili? L'aver autorizzato l'abbattimento dei monumenti dedicati ai soldati sovietici che durante la seconda guerra mondiale «liberarono l'Estonia». Ora, ci vuole una dose equina di sfacciataggine per parlare di liberazione sovietica dell'Estonia e per pretendere dagli estoni di esserne grati alla Russia. Perché gli estoni così come i loro cugini baltici lettoni e lituani - la loro storia la conoscono benissimo e sanno di cosa sono debitori all'Unione Sovietica: della fine della loro indipendenza nel 1940 in seguito all'infame patto nazi-sovietico Molotov-Ribbentrop, dell'annessione forzata all'Urss seguita da immediata deportazione in Siberia di decine di migliaia di «nemici del popolo» (cioè di «nazionalisti borghesi» invisi a Stalin); del ritorno dell'Armata Rossa nel loro Paese dopo quattro anni di occupazione nazista nel 1945 con nuovi rastrellamenti e deportazioni; di 46 anni di occupazione sovietica aggravata dall'immigrazione in massa di russi in Estonia, che vi si sono comportati con la tipica arroganza dei padroni: ancor oggi un quarto degli abitanti del Paese baltico sono russi, discendenti di quegli occupanti.

Non si capisce davvero di quale «liberazione» parlino i russi, che si mostrano offesi perché l'Estonia, di nuovo indipendente dal 1991 e passata per libera (almeno questa volta) scelta in campo occidentale, si è liberata e lo ha fatto, con un gesto altamente simbolico, dopo l'invasione russa dell'Ucraina due anni fa - dei simboli di un'occupazione straniera. Del resto, in Russia hanno anche altre idee strane sulla regione baltica. Il governatore di Kaliningrad, la città russa costruita sulle rovine della prussiana Koenigsberg conquistata nel 1945, ha detto domenica in tutta serietà che il grande filosofo tedesco Immanuel Kant vissuto a Koenigsberg fino alla sua morte nel 1804 «ha una responsabilità diretta per la guerra in Ucraina», e questo «per il suo sistema di idee» che respinge l'idea di una pace a qualsiasi prezzo.

Che è poi quella che Putin vorrebbe imporre all'Ucraina, magari con l'aiuto di Donald Trump.

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