Economia

Hanno rubato l’identità del marchio Nec, ma non tutti i mali...

Tastiere, riproduttori cd e dvd falsi: l’azienda disposta a transare e collaborare

Lavinia Borea

da Milano

Le tastiere, i cd e i dvd contraffatti esposti sugli scaffali dei negozi di Bejing e Hong Kong erano solo la punta dell’iceberg. Per la Nec primi indicatori della contraffazione dei suoi prodotti, prontamente riportati nei memorandum interni destinati alla sede centrale del gigante giapponese dell’elettronica. In apparenza uno dei tanti casi di contraffazione con sede in Cina, Taiwan e Hong Kong. La Nec ha reclutato prontamente investigatori e consulenti per arginare e arrestare il traffico. Dopo circa due anni di investigazioni e migliaia di ore di consulenza è emersa una realtà sconvolgente: a essere contraffatti non erano solo i prodotti ma l’intera società.
Un nuovo modo di impossessarsi di un’azienda, la si duplica in toto rubandone l’identità. Secondo Steve Vickers, vicepresidente della International Risk, chiamato da Nec per investigare sul caso, ha dichiarato: «In apparenza sembrava come una serie di casi di lesione di proprietà intellettuale, ma in realtà è stato un gruppo altamente organizzato che tentava di rapire l’identità del marchio».
I raid improvvisati dalla polizia locale insieme agli investigatori in circa 18 tra stabilimenti produttivi e magazzini avevano dimostrato che il network di realtà produttive dietro al marchio Nec era di circa cinquanta siti sparsi tra Hong Kong, Taiwan e la Cina. «Queste entità sono parte di un anello sofisticato, coordinate da due entità con sede a Taiwan e in Giappone e hanno tentato di assumere completamente il marchio Nec», ha affermato Fujido Okada, vice presidente senior e general manager della divisione legale della Nec in una sessione scritta di Q&A.
«Molte di queste realtà si conoscono e cooperano per sviluppare, produrre e vendere prodotti utilizzando il marchio Nec». Un vero complesso di beni organizzati per l’esercizio di impresa. Un colosso organizzato lungo tutta la filiera. L’«alter Nec» aveva sviluppato un proprio portafoglio prodotti, dai semplici cd a complessi sistemi di home entertainment con la cura dei minimi dettagli, sino al packaging utilizzato, il medesimo della Nec ufficiale. I rappresentanti dell’«alter Nec» si presentavano con business card Nec e facevano sottoscrivere contratti intestati a Nec. Sembra addirittura che venissero richieste le royalty sui beni dati in licenza. Naturalmente i proventi andavano all’«alter Nec», mentre le lamentele arrivavano alla Nec «giusta», per il fatto che pur facendo dei prodotti di qualità discreta di fatto non forniva alcuna garanzia. L’ottimizzazione dei margini attraverso la duplicazione dei centri di profitto ma non dei centri di costo.
La Nec non ha voluto, per motivi legali, fornire i dettagli sulle società individuate, né ha mai comunicato i primi sequestri di beni contraffatti. Sembra che secondo gli inventari completati dalle autorità cinesi dalle prime segnalazioni siano stati sequestrati 40mila tastiere, circa 1.300 riproduttori di cd e due camionate di casse per l’Home theatre.
Per la Nec una vera crisi di identità, a fronte di una pirateria che opera non in modo opportunistico ma con un approccio strategico. Il danno è stato impossibile da valutare, i rappresentanti della società non sono stati in grado di quantificarlo anche se hanno affermato i contraffattori abbiano «beneficiato sostanziosamente» dalle operazioni. Del resto con la fatica che si fa a delocalizzare, trovare una organizzazione già implementata per certi aspetti non è poi così male.

Sembra infatti che in alcuni casi la Nec abbia l’intenzione di transare e di continuare a collaborare con essi.

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