Politica

I garantisti alla riscossa: «Troppo potere a queste toghe»

La riforma della giustizia? «Urgentissima». L’Italia? «Il Paese meno garantista d’Occidente». Il potere delle toghe? «Squilibrato». I commenti non sono targati Pdl, ma insieme alla campagna garantista del Riformista costituiscono semmai la conferma che sopravvive un fronte antigiustizialista anche fuori dai confini del centrodestra. Lo testimonia, appunto, l’appello con cui Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino (rispettivamente ex spin doctor e portavoce di Massimo D’Alema), insieme a Massimo Micucci e all’ex direttore di Liberazione Piero Sansonetti, si rivolgono al popolo di sinistra dal blog thefrontpage.it: «Compagne e compagni, sulla giustizia non tiratevi indietro». Un manifesto che rimarca come il garantismo fosse - un tempo - un valore intrinseco della sinistra. E Sansonetti&Co. collegano a quel valore, appunto, una riforma del sistema giudiziario, che preveda «la separazione delle carriere, la responsabilità civile dei giudici, la riduzione delle intercettazioni e della loro diffusione», ma anche la «riduzione delle pene» e la «depenalizzazione dei reati minori». Il tutto con una precisazione che anticipa la prevedibile obiezione delle armate antiCav: «Non diciamo che “non è il momento perché la magistratura è in prima fila nella lotta alla corruzione”. La magistratura non è una forza di combattimento». E, ancora, «non può più accadere che un magistrato celandosi dietro l’obbligatorietà dell’azione penale scelga a chi, come e con quanto impegno dedicarsi, e come coinvolgere i media, secondo logiche personali e irresponsabili».
Viste le premesse, ne discende che l’appello di Micucci, Rondolino, Sansonetti e Velardi violi un tabù assoluto per la sinistra, praticamente sdoganando la riforma del guardasigilli Alfano, le cui proposte - scrivono - «non sono così lontane dalla bozza Boato, approvata da tutti, meno che da Rifondazione, ai tempi della Bicamerale».
Ma le voci degli ex D’Alema boys e di Sansonetti non restano isolate. Ieri, infatti, proprio un membro di quella Bicamerale, il senatore del Pd Enrico Morando, in un’intervista a Libero ha affrontato nel merito la questione della riforma della giustizia, sostenendo che il sistema giudiziario vada «rivoltato come un calzino», che «la magistratura non possa essere un organo completamente irresponsabile», e smontando lui stesso gran parte delle obiezioni che l’Anm e parte dell’opposizione rivolgono alla riforma Alfano. Così, se Di Pietro ringhia all’ipotesi di modificare l’obbligatorietà dell’azione penale, Morando dice che la lascerebbe come «principio costituzionale», ma apre all’indicazione di criteri, scelti dal Parlamento, in base alla pericolosità sociale dei reati.
Anche se più diplomatica, va infine registrata l’apertura di Marco Follini.

Il senatore del Pd si dice poco convinto dalla proposta di riforma del governo, ma mette in guardia il suo partito dallo «scegliere il “no” come nostra bandiera» e aggiunge: «Ci dobbiamo sforzare di entrare nel merito».

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