Cronache

I nostri studenti? I più fannulloni (e ignoranti) di tutto il mondo

I liceali fanno 200 giorni di vacanza l'anno. E i risultati si vedono: nei test Ocse sull'economia siamo penultimi. E anche l'alternanza scuola-lavoro non decolla

I nostri studenti? I più fannulloni (e ignoranti) di tutto il mondo

I sindacalisti in erba che studiano al liceo Virgilio di Roma, e che nei giorni scorsi hanno allestito la tradizionale protesta autunno-inverno 2017, come spunto per impedire le lezioni questa volta hanno preso il meccanismo dell'alternanza suola-lavoro. Lo strumento didattico che, per dire, ha fatto grande, grandissima, la Germania, e che in tutto il mondo è riconosciuto come mezzo migliore per collegare i banchi delle aule scolastiche con le scrivanie degli uffici e i banconi delle fabbriche. Protestare contro l'alternanza scuola-lavoro significa, quindi, protestare contro il lavoro.

Eppure solo Dio sa, (la Fedeli no) quanto i ragazzi italiani avrebbero bisogno di alternare allo studio sui libri il lavoro, fisico o intellettuale utilizzando allo scopo una parte dei giorni di vacanza. Che sono troppi. Secondo un recente studio della Commissione Europea/Eurydice l'Italia è il Paese al mondo (al mondo!) nel quale gli studenti della scuola secondaria di secondo grado fanno più giorni di vacanza. I dati, passati sotto silenzio per non disturbare né i piccoli sindacalisti del Virgilio, né i grandi sindacalisti alla Camusso, sono stati pubblicati dal sito di datajournalism Truenumbers.it. Il grafico in queste pagine confronta il dato italiano con quelli di solo alcuni Paesi europei: ebbene, i liceali italiani fanno 200 giorni di vacanza. Nessun Paese al mondo (Danimarca esclusa) lascia a casa gli studenti per così tanto tempo. La maggior parte dei giorni di vacanza si concentrano nel periodo estivo, ma mentre da noi le settimane senza libri sono mediamente più di 11, in Germania sono meno di 7 e in Francia sono al massimo 9.

Difficile far passare il concetto che in Italia nelle scuole superiori si studia troppo poco; impossibile far capire al ministro della Pubblica Istruzione Fedeli che la priorità non è insegnare ai ragazzi l'uso del tablet ma i meccanismi che regolano l'economia di un Paese avanzato; inutile spiegare che è anche a causa dell'abissale ignoranza in materie economiche che impedisce loro anche solo semplicemente di capire quanto l'alternanza scuola-lavoro sia un'opportunità più che uno «sfruttamento da parte del capitalismo neo-liberale della forza lavoro gratuita».

L'Ocse, come si sa, conduce periodicamente dei test per verificare il grado di competenza degli studenti dei Paesi aderenti nella soluzione di problemi matematici e nella comprensione di un testo. Alcuni di questi Paesi hanno anche accettato di sottoporre i propri studenti ad un altro test teso a verificare le competenze riguardo le materie economiche. Tra i Paesi che hanno accettato c'è anche l'Italia. Se per matematica e capacità di comprensione i risultati sono drammatici, per le materie economiche sono disastrosi. Tra tutti i Paesi Ocse che hanno partecipato al test solo i ragazzi colombiani ne sanno meno dei nostri. Ma c'è di più. L'Ocse ha anche calcolato la percentuale di 15enni che hanno superato il «livello 5» che indica un'ottima conoscenza dell'economia. Mentre mediamente nei Paesi Ocse il 9,7% dei ragazzini è molto ferrato, in Italia lo è solo il 2,1%. Ancora una volta penultimi prima della Colombia. Ovvio che con un grado di conoscenza così ridicolo dei meccanismi economici, l'alternanza scuola-lavoro venga considerata una forma di «sfruttamento» e non «opportunità».

Ovviamente, cercare di spiegare che una delle strade per aumentare la responsabilità dei ragazzi (e dei genitori) è la completa parificazione tra scuole private e pubbliche così da fare in modo che chi vuole continuare a studiare da sindacalista resti libero di frequentare il Virgilio e chi, invece, prende sul serio l'educazione possa accedere a scuole migliori anche se non se lo può permettere. Impossibile spiegare che la divisione tra classi sociali inizia dalla scuola nel momento in cui si permette solo ai figli dei ricchi di accedere a una istruzione di qualità. Lo Stato, statalista per natura, investe nelle scuole paritarie 490-500 euro annui. In media si va dai 600 euro per le scuole materne (dove sono iscritti il 70% degli studenti che non frequentano le scuole pubbliche), a 50 euro spesi per ogni studente delle superiori. Per l'11% di studenti che frequenta le scuole paritarie, viene speso l'1,2% del totale dei soldi che lo Stato spende per l'istruzione. Sapete, invece, quanto spende lo Stato per ogni studente delle scuole superiori statali? Circa 7mila euro l'anno.

Con risultati che definire comici è un complimento alla categoria del comico.

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