Cronache

I parrocchiani indagano sul curato eroe

I parrocchiani indagano sul curato eroe

La ricerca d'archivio unita ai racconti dei più anziani, consente spesso di scoprire fatti e personaggi sui quali, magari inconsciamente, era stato steso un velo d'oblio. Ben venga pertanto l'iniziativa di alcuni parrocchiani di San Giovanni Battista a Quarto dei Mille che hanno iniziato una ricerca storica, sperando di poterne poi pubblicare i risultati, su un loro curato, don Giacomo Mora, che a Quarto operò negli anni Trenta e che, cappellano militare, cadde gloriosamente in Montenegro nel 1942, fucilato dai comunisti di Tito.
Giacomo Mora era nato a Fumeri, frazione di Mignanego, il 16 agosto 1907. Figlio di Santo e di Maria, anch'essa una Mora, visse l'infanzia nel piccolo paesino animato tuttavia da una grande volontà nello studio e nell'apprendimento. A dodici anni entrò nel Seminario Arcivescovile genovese dove completò gli studi nel 1931 per essere ordinato sacerdote il 30 maggio di quell'anno.
Dal suo foglio matricolare conservato presso l'Archivio di Stato di Genova, apprendiamo della sua chiamata alle armi nel 1927, che fu ripetutamente rinviata in base al R.D. 383/24 che ritardava agli obblighi militari gli studenti in teologia e i sacerdoti. Nel 1931, una volta ordinato sacerdote, ne venne poi definitivamente esentato, salvo mobilitazione. L'art.3 del Concordato con la S. Sede del 1929 prevedeva, infatti, che «I chierici ordinati in sacris ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di mobilitazione generale».
Dopo l'ordinazione sacerdotale fu inviato come curato alla parrocchia di S. Pietro alla Foce, dove restò alcuni anni per essere poi trasferito nel 1935 a Quarto, nella millenaria chiesa di San Giovanni Battista dove fu vice Parroco. Fu qui che Mora seppe farsi amare ed apprezzare, per il suo buon carattere e per l'impegno verso i giovani. Chi lo ricorda ricorda che non era un gran predicatore, anzi, rifuggiva volentieri alle prediche dal pulpito, ma con i giovani ebbe sempre un gran dialogo e seppe avviarne molti allo studio della teologia e ad un impegno religioso. Tuttavia non ne trascurava gli svaghi, disputando con loro memorabili partite a pallone ed insegnando lo spirito di lealtà e di generosità che doveva caratterizzare la loro attività sportiva.
Nonostante l'esenzione dal servizio militare, testimoniata dalla sua tessera personale di dispensa datata 1936 e conservata nell'Archivio Diocesano, don Giacomo non seppe resistere alla generosità e alla dedizione verso gli altri che lo caratterizzavano e nel 1942 si offrì come Cappellano militare.
Fu assegnato col grado di tenente Cappellano al 3° Reggimento Alpini e il 28 aprile 1942 lo troviamo, come attesta il suo foglio matricolare, presso il 365° ospedale da campo di Proiboj in Montenegro. Poco ancora si sa sulla sua vita militare, che fu tuttavia assai breve. Il 31 ottobre 1943, infatti, fu prelevato durante la celebrazione di una Messa per i suoi soldati feriti e con loro fucilato dai partigiani serbi. Sui suoi ultimi istanti di vita è stata raccolta la testimonianza del Cap. Massimo Del Fante, del 3° reggimento Alpini; egli scrisse:
«Conobbi don Giacomo Mora nell'ottobre del 1943 a Proiboj, paese del Montenegro, dove eravamo rifugiati dopo l'armistizio. Lo ricordo nell'aspetto tipicamente ligure, sbrigativo e di poche parole ma infervorato nello svolgimento della sua missione. Parlava costantemente di Genova e della chiesa di San Giovanni. Una sera, dovendo sgombrare il paese fu estratto a sorte un sacerdote che dovesse rimanere con i feriti durante la ritirata; don Giacomo, senza esitare, prese il posto dell'amico evidentemente impaurito. Era perfettamente consapevole che la sua morte sarebbe stata certa di lì a poco. Quella fu l'ultima volta che lo vedemmo; il paese fu occupato dalle forze di Tito e tutti gli italiani rimasti furono trucidati. Fummo messi a conoscenza del fatto da un capitano miracolosamente scampato all'eccidio».
A soli trentasei anni cadeva così eroicamente don Giacomo Mora. A Quarto la sua memoria fu mantenuta finché, nel 1952, quando fu fondata una Società Sportiva nell'ambito della parrocchia la si volle intitolare proprio all'eroico cappellano. Questa Società Sportiva iscritta al CSI, divenne in breve conosciutissima nel mondo del calcio dilettante, dominando sempre nei vari campionati ai quali nelle diverse categorie partecipava; tuttora, nell'ambito parrocchiale esiste la U.S.

Don Mora che con l'impulso del nuovo parroco, don Francesco Di Comite, la si vuole riportare all'attività sportiva rivolta esclusivamente ai giovani.

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