Controcultura

I populisti? Una minoranza ben organizzata

I populisti? Una minoranza ben organizzata

Forse non c'è bisogno, soprattutto in una biblioteca liberale, di scomodare come editore il Circolo Proudhon per leggere qualcosa di sensato sulle élite. Le grandi vittorie del movimento cosiddetto «populista» poggiano proprio su un rifiuto di coloro che ci hanno governato sino a oggi: e il movimento sembra globale. Ma è certo che il libretto Élites. Le illusioni della democrazia (Circolo Proudhon, 2016) è un'interessante raccolta di saggi sul tema. Come una ciliegina, ci ha attirato, nella scelta del curatore Lorenzo Vitelli, un pezzo del nostro adorato Vilfredo Pareto.

La selezione degli interventi è davvero interessante. Si parte con Gaetano Mosca, il primo a «fondare una scienza politica, ad elaborare una teoria della distribuzione del potere che si muove sulla divisione tra governati e governanti, tralasciando la visione aristotelica che distingue tra forme di governo (democrazia, monarchia, oligarchia)». Poi Mosca sostiene che in qualsiasi società prevale l'istinto oligarchico di una minoranza organizzata su una maggioranza disorganizzata: a ben vedere una critica implicita a ciò che un secolo dopo Alain de Benoist ci consegna come motivo dell'affermazione dei partiti populisti. In maniera del tutto fuori contesto, potremmo infine dire che oggi essi non sono altro che una minoranza ben organizzata (sul piano che conta che è quello della comunicazione) rispetto a una maggioranza disorganizzata. Anche se il peso dei numeri non è così sproporzionato. Pareto fa un passo avanti ed è ancora una migliore approssimazione di ciò che ci ha investito oggi. Le oligarchie non si restringono alle sole classi politiche, ma hanno un raggio molto più ampio. Oggi contro i populisti combattono le élite intellettuali, le élite burocratiche, molto più duramente delle élite politiche che si sono date per sconfitte.

Il libretto continua con il saggio La legge ferrea dell'oligarchia di Robert Michels, allievo di Weber affascinato da Mussolini. La sua tesi, al contrario di Pareto che vede nelle scontro tra élite la storia della politica, è che le oligarchie alla fine si succedano e si sostituiscano per cooptazione. Infine il libro propone un brano di Antonio Gramsci. Molto interessante non tanto e non solo nella sua critica alle tesi di Michels, ma per ciò che intuisce come riscossa e nascita di una nuova élite. L'egemonia culturale in fondo non è altro che questo: formare le classi dirigenti del futuro, destinate a sostituire quelle attuali. Con un processo costruttivista, centralizzato, pianificato. «Le idee e le opinioni non nascono spontaneamente nel cervello di ogni singolo; hanno avuto un centro di formazione, di diffusione, di persuasione, un gruppo di uomini o anche una singola individualità che le ha elaborate e presentate nella forma politica di attualità».

Difficile non rileggere queste frasi di ieri, pensando al «change of regime» di oggi.

Commenti