I prof minacciano i giovani: «Non scioperate? Vi bocciamo»

Stefano Filippi



Studenti in piazza, in prima linea, e professori a soffiare sul fuoco nelle retrovie. La strategia anti-Gelmini è ormai definita. I ragazzi fanno numero e fanno casino, gli insegnanti forniscono il sostegno ideologico e logistico. Da quanto tempo non c'erano tante scuole occupate in giro per l'Italia? Okkupate, cioè presidiate giorno e notte, vietate agli estranei per giorni e giorni. Per gentile concessione dei presidi, che una volta avrebbero sospeso per una settimana chi si azzardava a minacciare le occupazioni, mentre adesso concedono gli istituti senza battere ciglio. Basta un gruppetto di maggiorenni che si dichiarano responsabili: firmano un modulino e la scuola è messa generosamente nelle loro mani.
Molti docenti combattono la riforma nelle aule, diffondono le parole d'ordine contro il ministro, partecipano alle assemblee studentesche, trasferiscono le lezioni nelle piazze, organizzano le mezze notti bianche dei bimbi alle elementari. Qualcuno fa addirittura aleggiare velate minacce di conseguenze sgradevoli per chi non partecipa anima e corpo alla mobilitazione. Non sono intimidazioni dirette, plateali, ma messaggi trasversali, che dicono e non dicono, ma colpiscono dove devono colpire. Perché i prof sanno bene come mandare un avvertimento agli studenti anche se non dicono loro in faccia «ti boccio».
L'episodio più eclatante è quello di Trieste, al liceo classico Dante Alighieri occupato fino a domani mattina, un caso venuto alla luce grazie al coraggio di alcuni genitori che si sono confidati con due consiglieri regionali del Pdl, Paolo Ciani e Piero Tononi, gli stessi che un mese fa se l'erano presa con gli insegnanti presentatisi in classe con il lutto al braccio: se i prof svolgono attività politica e non didattica - avevano scritto Ciani e Tononi al governatore Renzo Tondo - potrebbero essere accusati di scarso rendimento. E la riforma Brunetta ipotizza anche il licenziamento per il dipendente pubblico poco produttivo.
Le intimidazioni sono avvenute in due scuole superiori cittadine, ma soltanto di una si conoscono i particolari. Lunedì mattina al Dante era prevista l'assemblea che ha deciso l'occupazione dell'istituto. «Non tutti erano d'accordo. Alcuni studenti hanno frequentato regolarmente la prima ora - racconta Ciani - ma il prof dell'ora successiva non si è presentato. Era con altri insegnanti all'ingresso dell'aula magna, nel corridoio. Gli hanno chiesto se c'era lezione. Il docente si è voltato verso i colleghi e ha mormorato una frase del tipo: “Guarda questi qui, non aprono mai un libro e vogliono studiare proprio oggi che c'è uno sciopero sacrosanto. Credono di migliorare il proprio rendimento scolastico, ma non è così che lo otterranno”». Parecchi studenti che avevano assistito alla scena hanno preso in giro i «crumiri», i «venduti», i «vigliacchi», ed è stato il colpo di grazia.
I docenti parlavano tra di loro, non con gli studenti, ma i ragazzi hanno inteso perfettamente. «Mio figlio è tornato a casa disperato, vuol cambiare scuola, al Dante non intende metterci più piede - racconta uno dei papà che ha denunciato la vicenda -. E pensare che giorni fa era d'accordo con gli scioperi: sono stato io, una sera a tavola, a suggerirgli di documentarsi bene, di verificare e farsi un'idea sua. Credo sia compito di un genitore stimolare un giudizio critico personale. Lui è andato su internet, ha comprato qualche giornale e si è accorto che a scuola non gliela raccontavano giusta».
Cosa capisce uno studente se sente un insegnante dire che disertare le manifestazioni non gli frutterà voti migliori? Se il clima prevalente nella scuola favorisce l'intruppamento con gli occupanti? Se il preside concede quattro giorni di occupazione alla vigilia della manifestazione veltroniana del 25 ottobre? Che la gran parte dei ragazzi voglia saltare scuola è scontato, ma cosa pensare se anche i prof considerano sacrosanto uno sciopero studentesco e scherniscono quelli che invece vogliono studiare?
«Se questo comportamento sarà confermato dovrà essere perseguito dalla legge - protestano Ciani e Tononi -. Stiamo preparando una memoria per i ministri Gelmini e Brunetta e valutiamo se presentare un esposto alla magistratura. Da tutta la regione riceviamo segnalazioni di professori che sollecitano gli studenti a partecipare allo sciopero generale della scuola, come credo avvenga in tutta Italia. Ma è inaccettabile minacciare penalizzazioni nel corso dell'anno scolastico».
Gli occupanti del Dante, uno dei licei storici della città frequentato dalla «Trieste bene», negano che un episodio del genere sia accaduto. «Garantiamo che i prof non ci hanno influenzato, nessuno è qui perché obbligato», dicono Giulia e Margherita, due dei 12 maggiorenni che si sono presi la responsabilità che l'occupazione sia ordinata e pacifica. Nelle aule si svolgono corsi autogestiti di chitarra e capoeira, oltre che di greco, tedesco, storia della musica e lettura dei giornali. In aula magna c'è una pila di quotidiani e un'altra di scatole di giochi tipo Risiko e Monopoli. «Non sono i prof a minacciare gli studenti ma la Gelmini a minacciare la scuola», urla uno striscione all'esterno. Sui muri è scritto «Banche in fiamme» con la stella a cinque punte e «Nazi in foiba» con la falce e martello.


Scuola vietata anche per i corsi pomeridiani e serali dell'università popolare, cui sono iscritti molti stranieri. Arrivano, s'informano, protestano perché nessuno gli ha detto nulla e se ne vanno imprecando: «Io lavoro, ho preso due ore di permesso, e questi invece fanno baldoria».

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