Economia

I soldi sotto il materasso

Scarso rendimento, scandali e crisi Da inizio 2013 i risparmiatori hanno portato via dalle banche 90 miliardi Il boom? Dopo il caso Etruria

I soldi sotto il materasso

Maestro di buon vivere, di umorismo, di swing e divertimento. Ma da qualche tempo, probabilmente suo malgrado, Renzo Arbore è pure un guru delle consulenze finanziarie. «Il materasso è il massimo che c'è», cantava a chiusura di Quelli della notte. Molti risparmiatori italiani lo stanno prendendo in parola. Tolgono i soldi dai conti correnti e li portano a casa, sotto il materasso, chiusi in cassaforte, nascosti nei vasi o nelle librerie. «A un'assemblea di cittadini nelle Marche, mi pare nella zona di Iesi, ho sentito un tizio raccontare di avere sepolto i propri risparmi sotto una pianta in giardino», ricorda Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari).

Chi ama il rischio preferisce affidarsi agli intermediari del risparmio gestito: fondi d'investimento, etf, sicav, gestioni patrimoniali. I più previdenti investono nelle pensioni integrative o nei prodotti assicurativi. Chi non vuole correre proprio alcun pericolo affitta una cassetta di sicurezza in qualche caveau e la riempie di banconote: il denaro rimane tra le mura blindate dell'istituto ma viene sottratto alla disponibilità di consulenti e manager del credito. Nei loro confronti la fiducia è colata a picco.

Meglio il risparmio fai-da-te. E nel panorama delle alternative possibili un posto è riservato al ritorno del materasso. In banca i soldi non rendono più: zero interessi, zero inflazione, rendimenti sotto zero sui titoli di Stato, e parallelamente rischi crescenti sui prodotti finanziari strutturati, che in ogni caso comportano spese di gestione non indifferenti. Tenere aperto un conto corrente per molti significa soltanto dover sostenere costi: anche se l'istituto offre condizioni di favore, restano comunque i bolli da versare all'erario che negli ultimi anni li ha moltiplicati.

Un numero sempre maggiore di persone considera gli sportelli luoghi poco sicuri dove gli scandali finanziari sono all'ordine del giorno. La crisi ha intaccato profondamente la credibilità del sistema creditizio. E tanta gente preferisce ritirare quanto gli resta ancora dei sacrifici di una vita e tenerselo stretto, tra le mura di casa, senza più la tentazione di investirlo in un'obbligazione, un pronti contro termine o un deposito vincolato.

I dati della Banca d'Italia fotografano questa lenta e costante erosione delle risorse affidate agli istituti. La raccolta complessiva delle banche è in calo dal 2013. La vetta era stata toccata nel 2012: al 31 dicembre di quell'anno la raccolta ammontava a 1.761 miliardi e 610 milioni di euro. Dodici mesi dopo era scesa a 1.728,7 miliardi con un calo di quasi il 2 per cento. Altri dodici mesi e il livello era diminuito ancora: 1.707,7 miliardi di euro, con un ulteriore 1,2 per cento in meno. Al 31 dicembre 2015 la raccolta aveva proseguito la caduta scendendo sotto i 1.700 miliardi: 1.697,2.

DISSESTI E PROTESTE

Gli ultimi mesi dell'anno scorso erano quelli delle proteste per i crac di Banca Etruria e delle altre tre casse (Marche, Ferrara, Chieti) salvate in extremis dal governo. Ma era anche il periodo in cui sono divampati gli scandali della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, con i relativi valori azionari pressoché azzerati. Più di recente si è aggiunta la liquidazione di Crediveneto mentre pesanti nubi si stanno addensando sulle Casse di risparmio di Rimini, di Cesena e di San Miniato. La dorsale delle sofferenze bancarie va dal Nordest alla Toscana passando per l'Emilia, la Romagna e la costa adriatica.

Un'area produttiva tra le più dinamiche del Paese vive nell'incubo di perdere sempre più soldi. Così, nei primi tre mesi del 2016 la tendenza alla fuga dei risparmi dalle banche si è accentuata. Al 31 marzo la raccolta complessiva era pari a 1.673 miliardi di euro, - 1,4 per cento rispetto al 31 dicembre. A ben vedere, dunque, non si può addossare tutta la colpa della sfiducia ai dissesti delle quattro banche su cui l'esecutivo ha aperto il paracadute, tra le quali l'istituto di cui il padre del ministro Maria Elena Boschi era vicepresidente fino a pochi mesi fa.

Le proteste di piazza non hanno fatto altro che accentuare un fenomeno in atto da oltre tre anni, cominciato con i guai che hanno destabilizzato Montepaschi, il primo istituto italiano a sfiorare il crac.

VIA DALLE BANCHE 90 MILIARDI

In questi 40 mesi i risparmiatori hanno tolto quasi 90 miliardi di euro dalla disponibilità del sistema bancario, il 5 per cento. Bisogna risalire alla prima metà del 2009 per registrare valori così bassi: al 31 dicembre 2008 la raccolta complessiva totalizzava 1.640,7 miliardi di euro. Nello scorso decennio la fiducia nelle banche era intatta, ed è rimasta tale anche negli anni successivi allo scoppio della crisi finanziaria. Tant'è vero che la raccolta ha continuato a crescere fino al picco del 2012. È a quel punto che si è avvertita l'inversione di tendenza con il dilagare di timori e preoccupazioni tra i risparmiatori. E che si è riaffacciato anche il materasso come custode tranquillizzante del denaro.

La raccolta complessiva è data dal totale dei capitali depositati su conti e libretti sommati a quelli investiti in obbligazioni bancarie. È da queste ultime che i risparmiatori sono fuggiti in massa: l'investimento in questi strumenti ammontava a 610,9 miliardi di euro al 31 dicembre 2011 ed è precipitato a 358,6 miliardi al 31 marzo scorso. Meno 41,3 per cento. È vero che una parte di quei fondi è rimasta in banca sotto forma di depositi, che infatti si sono accresciuti. Ma l'aumento dei depositi non è bastato a frenare l'emorragia di capitali. I depositi sono investimenti a breve termine mentre le obbligazioni hanno un orizzonte più lungo; in altre parole, si lasciano parcheggiati i soldi in banca per un po' in attesa di tempi migliori. Di fatto è una «non scelta».

L'ABI: I DEPOSITI CRESCONO

Antonio Patuelli, presidente dell'Abi (Associazione bancaria italiana), non rileva particolari segnali di allarme. «I depositi stanno incrementando. Non c'è stata una fuga dai depositi», ha detto commentando il Rapporto mensile Abi dello scorso maggio. Il problema semmai è quello dei prodotti finanziari, del loro collocamento agli sportelli e dei modi con cui informare i risparmiatori. «I prospetti informativi contengono già gli aspetti giuridici ed economici del prodotto ha aggiunto il numero uno dell'Abi ma oltre a quelli bisogna dare una scheda al cliente potenziale che sia semplice, chiara, eloquente e diversificata per tipologie di prodotto».

Nel Rapporto di maggio l'Abi sottolinea una serie di evidenze positive che riguardano soprattutto l'andamento dei prestiti e dei finanziamenti, con erogazioni in aumento e interessi in calo e uno spread tra tasso sui prestiti e tasso sulla raccolta che rimane piuttosto basso: 202 punti base. Prima dell'inizio della crisi finanziaria, sottolinea l'Abi, questo spread oltrepassava i 300 punti. L'ammontare dei prestiti supera quello della raccolta, che ad aprile registra una contrazione su base annua dello 0,5 per cento. A conferma della costante fuga dagli sportelli.

LA SFIDUCIA DEI RISPARMIATORI

Ma il clima che si respira tra i risparmiatori non riflette il relativo ottimismo dell'Abi. L'Adusbef ha condotto un sondaggio tra i suoi associati; una rilevazione «ruspante», senza i crismi della rappresentatività statistica ma con il pregio della schiettezza. La fiducia nel sistema creditizio è ridottissima: verso le banche dichiara di non averne «nessuna» l'84 per cento degli intervistati, verso la Consob l'87 per cento e verso Bankitalia («un costoso carrozzone dannoso per i risparmiatori») addirittura il 91 per cento. Peggio ancora va per il «bail-in», il meccanismo voluto dall'Europa per non scaricare sulle casse pubbliche i crac bancari: il 95 per cento lo giudica «un esproprio criminale del risparmio». Gli esiti del sondaggio Adusbef sono estremi ma la sostanza è confermata da altre ricerche. Ipsos per la trasmissione Dimartedì su La7 ha rilevato che per quasi il 40 per cento degli intervistati le aziende di cui fidarsi meno sono gli istituti di credito; solo il 16 per cento ritiene che i propri risparmi siano al sicuro in banca, mentre il 32 preferisce investirli nel mattone e il 21 per cento tenerli sempre in casa.

Sotto il materasso.

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