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/ INCHIESTA E' vero che i morti inquinano? Il business dei funerali verdi

In America una contea blocca il nuovo business: stop alle sepolture nel terreno, avvelenano la falda. L'esperto italiano: non è vero, siamo tutti biodegradabili Ma per la nostra legge la cassa di legno è (quasi) obbligatoria.

Polvere siamo e polvere ritorneremo. Okay, ma nel frattempo? Mentre, dopo la morte, il nostro corpo affronta la sua naturale dissoluzione, che impatto abbiamo sull'ambiente che accoglie le nostre spoglie? Il tema, indubbiamente un po' macabro, si è imposto all'attenzione pubblica dopo che in America si è aperto proprio a questo proposito l'ultimo scontro tra ecologisti e tradizionalisti. STOP AI FUNERALI VERDI La contea di Macon-Bibb, in Georgia, ha bloccato la creazione in un vasto appezzamento di terreno di un nuovo cimitero a basso impatto ambientale. Elizabeth Collins, una giardiniera, prevedeva di trovare posto nell'area per 7500 salme. Si tratta di una moda che negli Usa sta prendendo piede rapidamente: si sceglie di venire sepolti senza l'impiego di conservanti artificiali e senza cassa di legno, in modo da agevolare nella nuda terra la decomposizione dei resti. Contro questa prassi si è pronunciato il governo della contea, sostenendo che i liquidi decompositivi possono inquinare la falda acquifera. Ma le cose stanno davvero così? SIAMO BIODEGRADABILI? Concretamente parlando, cosa accade del nostro corpo successivamente al nostro ultimo respiro? Quali liquidi sprigiona? La parola all'esperto: il dottor Carlo Goi, anatomo-patologo, che da 37 anni interroga i cadaveri presso l'Istituto di Medicina legale di Milano. «La decomposizione - dice Goi - è un processo lungo e complesso che al suo ultimo stadio ha la scheletrizzazione del cadavere: perché, come è noto, l'unica parte che resiste per l'eternità sono i residui scheletrici. In questo processo non vengono prodotte sostanze tossiche. Alla base del processo ci sono i soliti componenti solfati, azotati e clorati. Nella fase gassosa c'è una produzione di gas solforati che sono decisamente maleodoranti ma non sono velenosi: certo, vi sono aspetti olfattivi e cromatici decisamente sgradevoli ma non sono tossici, non c'è nulla che possa inquinare la falda o l'ambiente». OCCHIO ALLA SEPSI «Il cadavere - spiega ancora Goi - è indubbiamnente una fonte di inquinamento batterico. Infatti la sala autopsie è un posto inevitabilmente dove circolano batteri: se già è difficile tenere sterile una normale sala chirurgica, immaginatevi tenere sterile una sala anatomica dove spesso arrivano corpi in condizioni pietose. Ma si tratta di batteri ubiqui, già presenti nel corpo quando siamo in vita, e che diventano poi i protagonisti della decomposizione. Questa flora però è sensibile alle basse temperature, per cui se il corpo viene trattenuto in cella frigorifera a temperature di 4 gradi o inferiori i batteri muoiono quasi tutti. Purtroppo sopravvivono al freddo batteri insidiosi come quelli della tbc o dell'Aids, e questo rende la sala anatomico un luogo potenzialmente rischioso. Ma non è una carica batterica in grado di inquinare l'ambiente, un terreno, un corso d'acqua: perché è molto localizzata, concentrata nei visceri del cadavere». Seppellire un corpo nella nuda terra, secondo Goi, non ha controindicazioni. MA IN ITALIA NON SI PUO' In Italia, almeno per ora, il business del funerale a basso impatto ambientale rischierebbe però di scontrarsi con normative piuttosto severe. Anche se i regolamenti di polizia cimiteriale variano da regione a regione - e, per alcuni aspetti, da Comune a Comune - tutti prevedono l'obbligo della cassa di legno per contenere il corpo del defunto. «Anzi - spiega Elena Martone, funzionaria del settore Funerali del Comune di Milano - la regola è chiara: una cassa per ogni corpo. L'unica eccezione è per i neonati morti durante il parto, che possono essere sepolti nella stessa cassa della madre». Esiste, in teoria, un'altra eccezione: i fedeli delle religioni (come l'islamica e l'ebraica) che prevedono l'inumazione in un semplice lenzuolo possono fare domanda in questo senso. «Ma si tratta - spiega la Martone - di un iter complesso, che richiede la valutazione dell'impatto ambientale. Spesso si trova una mediazione nel senso di utilizzare comunque la cassa di legno, ma consentendo di inumarla aperta, senza coperchio». CREMATI, MA CON LA CASSA Cassa di legno obbligatoria, paradossalmente, anche per chi sceglie la strada della cremazione. Il cofano viene bruciato insieme ai resti mortali del defunto. Non è uno spreco di legna? «Non credo proprio - risponde la funzionaria - ci sono esigenze di decoro e di igiene che comunque impongono di utilizzare la cassa per il trasporto dal luogo del decesso al crematorio. E una volta utilizzata, la cassa non si può certo riciclare».

A Milano, nel corso dell'ultimo anno, la ampia maggioranza dei defunti ha scelto comunque la strada dell'incenerimento: la sepoltura tradizionale ha riguardato poco più del 40 per cento degli scomparsi.

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