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Gli incontri, i prestiti e la cassaforte a Roma. Ecco la verità di Silvio

Il documento del Cav ai pm: "Da Tarantini lettere accorate. C’era il rischio che ricorresse a dei gesti di autolesionismo"

Il sottoscritto quale persona offesa nel procedimento penale della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli espone quanto segue: in relazione alla vostra richiesta di rendere dichiarazioni in merito al procedimento de qua ed esaminato il capo di incolpazione mosso nei confronti degli indagati, ferme restando le riserve avanzate nella memoria di accompagnamento della presente dichiarazione, ritenendo possa essere utile allo svolgimento delle indagini, dichiaro quanto segue:

1) CONOSCENZA CON GIANPAOLO TARANTINI
Ho conosciuto il signor Tarantini e sua moglie alcuni anni orsono. Mi è stato presentato come un imprenditore di successo e da più parti ho avuto su di lui positive indicazioni.

2) CONOSCENZA CON WALTER LAVITOLA
Conosco Lavitola da parecchi anni in particolare per la sua attività di giornalista e di direttore di giornale.

3) IN RELAZIONE AL RAPPORTO DI CONOSCENZA FRA LAVITOLA E TARANTINI
Dopo il suo arresto Tarantini e la moglie mi scrissero delle accorate lettere inviatemi presso la segreteria di Roma. Il Tarantini protestava la propria estraneità alle accuse che gli venivano mosse, si scusava per il disagio che mi aveva procurato, si lamentava per il trattamento mediatico e giudiziario che gli veniva riservato. Sia lui sia la moglie mi fecero sapere di essere in gravissime difficoltà economiche.
Conversando casualmente con il Lavitola, questi mi disse di conoscere Tarantini. Mi risulta che in quel periodo, che collocherei nell’estate 2010, sia nato un buon rapporto di amicizia fra loro.
Nello stesso periodo il Tarantini mi scrisse che non era soddisfatto dell’operato del suo difensore avvocato D’Ascola. Gli segnalai mi pare attraverso Lavitola alcuni nomi tra cui quello dell’avvocato Perroni che a seguito di una mia telefonata si dichiarò disponibile a difenderlo.

4) IN ORDINE AI RAPPORTI ECONOMICI CON TARANTINI
Tarantini e la moglie, come già detto, mi fecero pervenire più volte lettere in cui mi presentavano la gravità della loro situazione economica, chiedendomi anche aiuto per finanziare la loro azienda e per evitare il fallimento. Lo stesso Lavitola mi segnalò una situazione di vera disperazione di una famiglia che era passata da una vita agiata a grandi ristrettezze, che avevano coinvolto anche il fratello, con la sua famiglia, la madre e altri familiari. Mi si rappresentò quindi una situazione personale e familiare difficilissima, con anche il rischio che il Tarantini mettesse in atto episodi d autolesionismo. La situazione era altresì aggravata dalla presenza di due figlie ancora piccole. Insistettero anche tramite Lavitola, per un aiuto economico.
Feci quindi avere al Tarantini e alla moglie del denaro o consegnandolo direttamente al Lavitola o facendoglielo consegnare, in alcune rare occasioni, dalla mia segreteria. Si trattava di somme che variavano tra i 5.000 e i 10.000 euro, 5.000 per il Tarantini e 5.000 per la moglie. Non sono in grado di ricordare con quale frequenza ciò sia avvenuto. Si tenga presente che tali dazioni sono sempre avvenute in Roma presso la mia abitazione così come gli incontri con Lavitola che soltanto una volta, mi sembra, si sia recato in Arcore.

A Roma ho una cassaforte dove tengo sempre disponibile una somma in contanti per le mie spese personali e per le necessità di casa, che alimento io stesso portando il denaro da Arcore. Tali somme sono tratte dai miei conti correnti personali, prelevate dai miei ragionieri e sono documentabili in ogni momento.
Delle consegne a Lavitola per le necessità del Tarantini e della sua famiglia nessun altro era a conoscenza, se non in alcune rare occasioni la mia segreteria.

Verso la primavera di quest’anno Lavitola in un incontro a Roma mi disse che il Tarantini avrebbe voluto ritornare a fare l’imprenditore avviando una nuova attività imprenditoriale e che aveva necessità di un finanziamento iniziale. In quel periodo ebbi modo di incontrare il Tarantini con sua moglie alla presenza di Lavitola. Tale incontro avvenne, dopo innumerevoli richieste da parte loro, mi pare in Arcore.

In quella occasione il Lavitola e il Tarantini mi ribadirono quanto già anticipatomi da Lavitola stesso. Successivamente Lavitola in due incontri avvenuti a Palazzo Grazioli in Roma ebbe ad insistere su tale necessità del Tarantini. Ritenni di accedere a tale richiesta e dissi a Lavitola, che ero disponibile a erogare ciò che mi era stato richiesto.
Lavitola mi disse che avrebbe depositato lui direttamente i fondi presso una banca in Sudamerica dove erano già depositati i suoi fondi personali e che avrebbe preferito ricevere la somma da me in contanti. Gli ho consegnato tale somma in molteplici tranches dalla primavera di quest’anno fino a prima dell’inizio dell’estate, personalmente, sempre in Roma. Non sono in grado di ricordare il numero delle tranches. Ho tratto le somme dai miei conti correnti. Le somme mi sono state fornite dai miei ragionieri.

5) IN MERITO AI FATTI SUCCESSIVI ALLA CONSEGNA DEL DENARO
Non ricordo esattamente il periodo, ma lo collocherei tra il giugno e il luglio di quest’anno. Mi incontrai ad Arcore con l’avvocato Ghedini e con l’avvocato Perroni per discutere di questioni relative ai procedimenti in corso a Milano. Nel corso della conversazione comunicai a Perroni, che era anche difensore di Tarantini e che mi aveva riferito del fallimento della società dello stesso, che avevo messo a disposizione del suo assistito una somma di denaro perché potesse avviare una nuova attività imprenditoriale.

Perroni manifestò stupore per la notizia dicendo di non saperne assolutamente nulla e prospettando a suo dire la inopportunità di tale decisione. Anche Ghedini si stupì e manifestò la propria perplessità. Io ribadii che si trattava di una somma per me contenuta che destinavo volentieri a una persona in difficoltà che manifestava l’intenzione di volersi riscattare con un nuovo impegno imprenditoriale. Ghedini suggerì a Perroni di verificare se la somma era poi stata resa effettivamente disponibile per il Tarantini poiché ove così non fosse stato sarebbe stato a suo parere preferibile annullare l’operazione.

Alcuni giorni dopo Ghedini mi informò che Tarantini aveva comunicato a Perroni di non aver ancora ricevuto alcun finanziamento. Nel frattempo Lavitola mi spiegò i termini dell’operazione e mi chiese di incontrarlo insieme a Tarantini e alla moglie.

In tale incontro Lavitola garantì a me e a Tararantini che la somma era effettivamente a disposizione di Tarantini in una banca uruguaiana.

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