Cronache

"Al Gemelli libertà di morire". Svolta dei medici sul fine vita

Cambia il codice deontologico dei dottori. Un neurologo dell’ospedale del Papa: "Noi sospendiamo i trattamenti"

"Al Gemelli libertà di morire". Svolta dei medici sul fine vita

Roma - Nessuno può obbligare un malato ad accettare un intervento terapeutico «sproporzionato» anche se il rifiuto comporterà la sua morte. Dunque si può dire no ad una tracheostomia o anche chiedere di essere staccati da un respiratore artificiale nella consapevolezza della sofferenza connessa a questo tipo di interventi. Ovviamente la volontà del paziente deve essere inequivocabile ma a quel punto il medico non ha «alibi» e deve interrompere le terapie. Affermazioni impegnative e non prive di conseguenze soprattutto se a farle è un medico del Policlinico Gemelli di Roma, l'ospedale cattolico «dei Papi». Va precisato che il professor Mario Sabatelli è il neurologo responsabile del centro Sclerosi laterale amiotrofica, Sla, patologia per la quale non esiste una «cura» anche se la ricerca sta fortunatamente facendo progressi. In questa area della medicina, spiega il professor Sabatelli alla onlus Viva laVita (Associazione di familiari e malati di Sla), il progresso della tecnologia ha ampliato le possibilità di mantenere in vita le persone fornendo strumenti straordinari come la ventilazione meccanica. «Questa malattia arriva a mettere in stand by il processo della morte - spiega Sabatelli - Possiamo prolungare la vita in modo artificioso e quindi la scelta se sottoporsi o meno ad interventi straordinari assume un valore etico». Per Sabatelli la decisione spetta soltanto al paziente. Il medico che decide per lui scavalcando la sua volontà compie un atto di violenza. «Obbligare un paziente a subire una tracheotomia è un atto di violenza - afferma - Anche il paziente che ha accettato di essere intubato, sottoponendosi alla ventilazione, ha diritto a cambiare idea e a sospendere il trattamento».

Affermazioni che però non sono affatto scontate. Basta andare con la memoria allo scalpore suscitato dal caso di Piergiorgio Welby e alla sua battaglia per vedersi riconosciuto il diritto ad essere staccato dal respiratore.

Mario Riccio, il medico che eseguì le sue volontà e interruppe la ventilazione sotto sedazione, subito dopo la morte di Welby fu indagato ma poi prosciolto dall'accusa di omicidio del consenziente.

Oggi Sabatelli può anche fare appello al Nuovo Codice Deontologico varato un paio di settimane fa tra le polemiche. Uno dei punti più controversi riguarda proprio la cancellazione del termine eutanasia. Non tutti i medici insomma la pensano come il professor Sabatelli e non tutti erano d'accordo sull'impostazione dell'articolo 16 che sollecita il medico a «non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati».

Ma chi stabilisce se un intervento è «eticamente proporzionato»? Per Sabelli resta fondamentale la volontà del paziente mentre appare di segno opposto l'orientamento del professor Claudio Terzano del Policlinico Umberto I di Roma come segnalato dall'associazione Luca Coscioni. Marco Cappato denuncia come nel modulo delle direttive anticipate da sottoporre al malato utilizzato nell'Unità Area Critica Respiratoria diretta dal professor Terzano è scritto che «secondo le leggi attualmente vigenti in Italia non mi sarà possibile ottenere la sospensione della ventilazione invasiva». Dunque nessuna possibilità di cambiare il piano terapeutico una volta accettato.

Su una cosa sono d'accordo tutti i medici. È opportuno che governo e Parlamento intervengano subito con una legge che insieme al Nuovo Codice Deontologico possa accompagnare medico e paziente in una scelta tanto difficile.

Certamente non si tratterà di un passaggio facile visto che anche all'interno del Pd convivono posizioni molto diverse sul tema dell'eutanasia.

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