Politica

Paghetta di stabilità

Aumenti ridicoli in busta paga e rischio nuove tasse sulla casa: i buchi neri della manovra

A ventiquattro ore dall'annuncio, sono giunto a una conclusione. È inutile tentare di capire se la legge finanziaria, detta legge di stabilità, approvata l'altra notte dal governo cambierà la nostra vita e - se sì - in meglio o in peggio. Letta ci ha rimbambiti snocciolando «miliardi di euro» che vanno e vengono da capitoli di spesa, ma nessuno è in grado di dire quante «centinaia di euro» entreranno o usciranno dai nostri portafogli. Poco male, perché il contenuto, peraltro tenuto rigorosamente segreto e quindi ancora sconosciuto nei dettagli (in questi casi una virgola può cambiare il giorno in notte) è ininfluente. Si tratta infatti di un cumulo di parole messe in fila una dietro l'altra non per sanare i conti, ma il governo. Tutto è lasciato nel vago, rimandato a «tavoli» sociali, a decisioni del Parlamento e dei Comuni. E non poteva essere diversamente, pena l'esplosione di uno o di entrambi i soci di maggioranza (Pd e Pdl) e quindi delle larghe intese (che in realtà sono più strette della cruna di un ago).

Così può aver ragione chi sostiene (in pratica solo Letta e Alfano) che si tratta di una manovra-svolta, perché per la prima volta non prevede più tasse. Ma anche chi (quasi tutti), parla all'opposto di una manovra-truffa, perché le tasse ci sono eccome, seppur camuffate e posticipate. La verità è che per l'ennesima volta il governo ha solo comperato tempo, in attesa che vada a buon fine la partita principale, cioè il tentativo della sinistra (con complici i magistrati) di chiudere con la forza e l'inganno i vent'anni di berlusconismo senza dover contemporaneamente passare la mano all'odiato Renzi. Il caposaldo di questa armata si chiama «governo Letta», e quindi va tutelato. Così l'Europa della Merkel farà la brava (vedrete, sarà comprensiva con il nulla contenuto nella manovra), è benevolo Napolitano (che invita a non criticare troppo il governo), portano pazienza Confindustria e sindacati, primi sponsor di Letta, che si limitano a proteste di maniera, giusto per salvare la faccia (di tolla) di fronte al niente portato a casa per i propri iscritti.

Come uscire dallo stallo? Qualcuno, interessato, vorrebbe la resa incondizionata e umiliante per Berlusconi.

Noi non smettiamo di sperare in un Paese guidato da forze liberali legittimate dall'elettorato.

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