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Il Papa punisce il prete di Cl patron del Banco Alimentare

Il sacerdote, appassionato di auto di lusso, non potrà più dire messa. È accusato di pedofilia e "dovrà vivere in preghiera e riservatezza"

Il Papa punisce il prete di Cl patron del Banco Alimentare

Roma - Prima l'arcivescovo polacco Wesolowski, poi don Mercedes. Nella conferenza stampa in volo di ritorno dalla Terra Santa, Papa Francesco aveva affermato che «un sacerdote che compie un abuso, tradisce il corpo del Signore. Abusare di un bambino è gravissimo: è come fare una messa nera». La linea della «tolleranza zero» di Jorge Mario Bergoglio prosegue con vigore. Quella della lotta alla pedofilia commessa da sacerdoti è un cavallo di battaglia del Pontificato di Francesco, che fin dall'insediamento al Soglio petrino, ha voluto inserire tra le priorità del suo ministero. 

Ha creato una commissione ad hoc, composta perfino da una donna - l'irlandese Marie Collins che a 13 anni subì violenza da un sacerdote. E poi ha indicato alla Congregazione per la Dottrina della Fede linee guida durissime per perseguire i colpevoli.
Il 7 luglio, in Vaticano, il Papa incontrerà un gruppo di vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, provenienti da diverse parti del mondo. È la prima volta, nella «sua casa» a Santa Marta. Benedetto XVI incontrò le vittime in occasione dei suoi viaggi in Australia, Malta e Germania. Per Papa Francesco sarà l'occasione per ascoltare le loro testimonianze e pregare insieme.
La linea della trasparenza e del rigore intanto prosegue. Nell'arco di pochi giorni si sono conclusi due casi di preti pedofili. L'ultimo, in ordine di tempo, è quello di don Mauro Inzoli, 64 anni, sacerdote cremasco, fondatore del Banco Alimentare, la raccolta che si propone una volta all'anno in tutti i supermercati italiani per aiutare i più poveri. Uomo forte del movimento Comunione e Liberazione della Lombardia, don Mauro - soprannominato «Don Mercedes» per la sua passione per le auto di lusso - è stato accusato di aver commesso abusi sessuali su minori. Tre giorni fa è arrivata la nota, durissima, della Congregazione per la Dottrina della Fede: il sacerdote non viene ridotto allo stato laicale, ma - «in considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza». Il sacerdote di Comunione e Liberazione non potrà quindi «celebrare e concelebrare in pubblico l'eucaristia e gli altri sacramenti, né predicare ma solo celebrare l'eucaristia privatamente». L'Ex Sant'Uffizio ha disposto inoltre il divieto di contatto con i minori, così come l'impossibilità di «dimorare nella Diocesi di Crema, entrarvi e svolgere in essa qualsiasi atto ministeriale. Dovrà inoltre intraprendere, per almeno 5 anni, un'adeguata psicoterapia».
Linea dura quella prevista da Papa Francesco che ha così messo la parola fine al caso partito nel 2012. La prima sentenza prevedeva che don Mauro venisse dismesso dallo stato clericale, la massima punizione inflitta a un sacerdote. Ma il prete ha fatto ricorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede, il dicastero guidato dall'allora cardinale Ratzinger prima di diventare Papa. Ricorso che il Vaticano ha accolto, lasciandogli gli abiti sacerdotali.
Negli ultimi giorni si è concluso anche il primo grado di giudizio del processo canonico a carico dell'ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana, l'arcivescovo polacco Jozef Wesolowski. La sentenza, anche in questo caso durissima, è stata di riduzione allo stato laicale. Un anno fa l'arcivescovo era stato richiamato e sospeso dal suo servizio in seguito all'accusa di abusi sessuali nei confronti di minori.

Una nota vaticana ha precisato che «l'accusato ha ora due mesi di tempi per proporre eventuale appello, mentre il procedimento penale presso organi giudiziari vaticani proseguirà non appena sarà definitiva la sentenza canonica».

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